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SULMONA – Si erano inventati due aziende “fantasma” per chiedere finanziamenti da reinvestire nel mercato dei prestiti a strozzo. Per i reati di usura, estorsione, falsità ideologica, sostituzione di persona e associazione per delinquere finalizzata alla commissione di truffe, ventitre persone sono comparse ieri mattina davanti dal Gup del Tribunale di Sulmona, Giuseppe Ferruccio. La Procura, per tutti, ha chiesto il processo e la prossima udienza preliminare, fissata dal Gup per il prossimo 9 aprile, sarà decisiva. Ieri la discussione è slittata per un difetto di notifica. L’inchiesta conta complessivamente ventitre indagati, di cui nove finiti già in manette nel settembre del 2016 dopo la vasta operazione condotta dai Carabinieri di Sulmona e altri quattordici denunciati. Tutto è partito l’anno precedente, nel 2015, dalla denuncia di un imprenditore di Sulmona sottoposto ad estorsione da uno degli arrestati. Dagli accertamenti dei Carabinieri emerse che una famiglia di origine rom che svolgeva come attività principale il prestito di soldi con tassi che raggiungevano anche il 54% mensile, aveva fatto il salto di qualità creando un diabolico sistema economico che ruotava intorno a due aziende con capitale sociale e con dipendenti, tutti fittizi, reperiti nel mondo della tossicodipendenza locale. Il sodalizio criminale riusciva quindi ad ottenere prestiti da finanziarie e istituti di credito attivando la procedura della cessione del quinto dello stipendio a carico dei dipendenti, tutti conniventi, per un ammontare di circa 600.000 euro. Per non dare modo alle banche di avviare denunce e contenziosi le due aziende fittizie onoravano le prime rate dando modo alla società di prendere tempo e conseguire altro capitale, con la medesima tecnica. I ventitre indagati compariranno di nuovo davanti al Gup il prossimo 9 aprile.

Andrea D’Aurelio

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