banner
banner

SULMONA – Proporre un centro di fecondazione assistita a Sulmona per far incrementare il numero delle nascite e rendere ancor più attrattivo l’ospedale di Sulmona per captare partorienti da fuori regione. E’ questa la proposta che è arrivata nel corso della rubrica “Oggi è diciotto” dall’avvocato Catia Puglielli, attivista del Tribunale per i diritti del Malato, che ha chiesto al sindaco di Sulmona Annamaria Casini di farsi parte attiva per valutare tale iniziativa. Secondo la Puglielli “occorre puntare anche sull’attrattività del presidio ospedaliero”. Poteva servire ad alzare i numeri il parto in acqua ma la vasca ordinata non è mai stata erogata dalla Asl per il reparto di ostretricia e ginecologia. Da qui l’idea della Puglielli visto che la maggior parte delle donne oggi arrivano all’esperienza del parto in età avanzata. “In alcuni casi c’è proprio una difficoltà a iniziare la gravidanza e quindi si scelgono dei percorsi di fecondazione assistita con il conseguente aumento del numero delle donne che vanno a partorire fuori Sulmona”- osserva l’avvocato- “per questo lancio la proposta di attivare un centro di fecondazione assistita a Sulmona per attrarre anche quelle persone che intendono avvalersi di questo servizio”. Ma la Puglielli ha presentato il conto delle criticità riguardo l’attivazione delle reti pre e post partum, la conditio sine qua non chiesta dal Ministero prima di chiudere il punto nascita. Un passaggio che la Regione vuole evitare tanto da lasciare aperto, almeno fino a febbraio, il reparto di ostetrica e ginecologia. L’attivista Tdm ricorda che per l’arrivo dell’elisoccorso ci sono voluti in alcuni casi quattro ore come pure una sola unità prevista nell’organico dello Stan non è sufficiente a fronteggiare l’emergenza. Altra criticità riguarda la reperibilità del ginecologo in caso di parto d’urgenza. “Dove è reperibile? E come farebbe a raggiungere il nosocomio soprattutto in condizioni atmosferiche avverse?”- si chiede la Puglielli facendo notare che manca anche una piattaforma per l’atterraggio dell’elisoccorso che ora si deve avvalere di un’area collocata al di fuori del perimetro del presidio ospedaliero. “Non è possibile quindi chiudere il punto nascita in queste condizioni”- chiosa l’avvocato. Il reparto è finito nella scure dei tagli avviata dal ministero della Salute nel 2010, contenuta nel cosiddetto Decreto Lorenzin, che per motivi di sicurezza ha sancito la condanna della chiusura per tutti quei reparti con meno di 500 parti annui. Nel frattempo, continuano a crescere le nascite nel reparto sulmonese negli ultimi anni. Sono stati 255 i neonati nel 2017, 206 nel 2016, 195 nel 2015, con un aumento costante del 25%, grazie al trasferimento del reparto in un’ala dell’ospedale più adeguata alle esigenze di pazienti e personale.

Andrea D’Aurelio

Lascia un commento