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SULMONA – E’ l’ora delle attività legate al food mentre vengono meno quelle tradizionali. E’ quanto emerge da un report di Confesercenti e i dati di Muvimprese. A soffrire è maggiormente l’Abruzzo interno che denuncia una situazione drammatica: nella provincia dell’Aquila il numero di negozi è sceso del 42,2 per cento, record in Italia, con un calo considerevole anche nel settore turistico (-7,49 per cento). La ristorazione fuori casa assume un ruolo sempre più rilevante anche nelle scelte delle famiglie. A fronte di una capacità di spesa scesa in dieci anni del 6,5 per cento, rispetto al 2006 gli abruzzesi spendono di più per ristorazione e ricettività (+1,7 per cento), per le bevande alcoliche e i tabacchi (+0,9 per cento), ma le voci cresciute di più durante la crisi in Abruzzo sono l’istruzione dei figli (+31,1 per cento), le spese per l’abitazione (+3 per cento), i servizi sanitari (+0,5 per cento), a fronte di risparmi consistenti negli acquisti in abbigliamento (-26 per cento), comunicazione (-23,7), mobili e articoli per la casa (-17). Nel complesso, le famiglie abruzzesi nel 2007 potevano spendere 27.708 euro, contro i 25.908 del 2016: un calo del 6,50 per cento. Se nel panorama regionale crollano i negozi tradizionali, a Sulmona sono le attività in centro storico che non ce la fanno a mantenere alzata la saracinesca. Da Porta Napoli a piazza Carlo Tresca si contano almeno 39 negozi sfitti, 28 solo da Porta Napoli a piazza Del Carmine, la zona sud del corso. Un dato che dovrebbe far riflettere non solo gli addetti ai lavori ma anche le istituzioni.

Andrea D’Aurelio

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