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SULMONA – La rabbia di Sulmona scendeva in piazza il 2 e 3 febbraio 1957 con la storica rivolta popolare che infiammò la città in quelle fredde giornate di 63 anni fa. Il Ministero della Difesa decise di sopprimere 48 dei 96 distretti militari esistenti in Italia. Sulmona era tra questi.  Jamm’mò. Amministratori e cittadini erano uniti per difendere un presidio ritenuto strategico. Corsi e ricorsi storici si arriva alle anomale e calde giornate del febbraio 2020. Da Jamm’mò a Jet vò. Nella Sulmona dove l’esercizio della lamentela prevale sull’esercizio del fare. Di presidi da difendere, oggi, ce ne sono molti di più. Ne sa qualcosa l’associazione che si è costituita recentemente proprio nel nome di quella rivolta. Ma oggi, più in generale, ognuno si sente chiamato in causa per il presidio che afferisce alla sua sfera umana, professionale, insomma ai suoi interessi. 63 anni dopo da quella rivolta popolare c’è un tessuto sociale da ricostruire e una città da rimettere insieme. Per ogni battaglia da condurre si arriva subito alla logica conclusione dell’ormai è troppo tardi. Dall’ospedale ai luoghi culturali, passando per i presidi di legalità e le opere impattanti. Da un lato c’è una politica che scarica le responsabilità e arriva in ritardo. Dall’altro c’è un popolo che ha perso la forza anche di ribellarsi. La presa d’iniziativa è assai difficile di questi tempi e quando arriva, la maggior parte delle volte, non viene valorizzata. La storia però è sempre maestra e quelle pagine scritte da altri sulmonesi tornano alla ribalta anche oggi, nella Sulmona dello “Jet vò”, dove il primo passo tocca sempre e solo agli altri. Aprire un negozio e sfidare la crisi tocca agli altri. Organizzare un evento e barcamenarsi nella burocrazia tocca agli altri. Creare un progetto per la comunità e amarsi di coraggio tocca agli altri. La psicosi della scelta scatta anche in politica, quella che non scende più in piazza con i cittadini ma che fa scendere i cittadini in piazza. Decidere se portare avanti un mandato amministrativo o staccare la spina tocca agli altri. Nella settimana decisiva per le sorti dell’era Casini, non si può ancora discutere sulla nona firma o la prima. Come se l’una fosse più importante dell’altra. Più che scendere in piazza, anche se per alcune vertenze sarebbe forse necessario, Sulmona ha bisogno di recuperare il carattere di quella rivolta popolare. E’ il momento di scegliere, fare la propria parte e accantonare gli interessi di parte. Dallo scranno più alto del Comune fino alla bottega più piccola del commercio bisogna tornare ad essere protagonisti. Per Sulmona.

Andrea D’Aurelio

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