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SULMONA – Diciotto anni di reclusione per l’amico del cuore. Sedici per omicidio preterintenzionale e occultamento di cadavere e due per spaccio di droga, oltre a 8 mila euro di multa. La severa condanna dal Tribunale di La Spezia è arrivata ieri in tarda serata per F.D.M., sulmonese di 24 anni. Secondo i giudici è lui il responsabile della morte di Giuseppe Colabrese, un altro sulmonese, il cui cadavere fu rinvenuto in un bosco nella provincia spezzina, a Cerri, il 9 ottobre 2015. L’unico imputato dell’inchiesta aveva scelto il rito abbreviato e fino alla fine si è proclamato innocente, cercando di convincere i magistrati che lui con quel delitto non c’entrava nulla. Secondo la ricostruzione della Procura accade tutto il primo agosto 2015. Quel pomeriggio Colabrese arriva con un treno alla Spezia, dopodiché sale su un autobus diretto ad Arcola. Lì ad attenderlo c’è proprio l’amico che conosce bene la zona perché i genitori sono proprietari di una casa a Romito Magra. I carabinieri del nucleo investigativo, agli ordini del maggiore Armando Ago, sono venuti a conoscenza dell’appuntamento analizzando il traffico telefonico dei cellulari utilizzati dai due ragazzi per portare avanti una presunta attività di spaccio di hashish. La drammatica vicenda di Colabrese era iniziata il primo agosto del 2015 con il suo arrivo in Liguria, per una vacanza di 15 giorni da trascorrere con il suo amico. Colabrese aveva portato con sé 3mila euro, uno zaino nero e un cellulare vecchio modello. Il 15 agosto i genitori di Giuseppe, preoccupati per il protrarsi del silenzio, lo avevano chiamato ripetutamente, ma il telefono squillava a vuoto. Il 31 agosto i genitori di Giuseppe avevano denunciato la misteriosa scomparsa del figlio. Il 30 settembre il padre e la madre di Giuseppe erano stati ospiti della trasmissione “Chi l’ha visto?”. Il 9 ottobre un cacciatore aveva trovato un corpo nel bosco di Canarpino. Il 13 ottobre i genitori avevano raggiunto La Spezia per sottoporsi all’esame del Dna. Il 21 ottobre la conferma: quel corpo apparteneva proprio a Colabrese. Il 29 ottobre i periti avevano confermato la presenza di una ferita sulla testa del giovane, un colpo che gli avrebbe fracassato il cranio. La Procura aveva aperto un fascicolo contro ignoti per omicidio volontario e dopo qualche tempo l’amico era finito sotto inchiesta. Ieri la condanna in primo grado la cui sentenza sarà sicuramente impugnata dai legali per il ricorso in appello.

Andrea D’Aurelio

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