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SULMONA  – Per il Tribunale di Sulmona ha ragione ed ha diritto non solo all’invalidità civile ma anche all’assistenza continua. Ma l’Inps, nonostante la sentenza sfavorevole, riesamina il caso e conferma il precedente giudizio amministrativo: niente invalidità e niente assistenza. La vicenda che rasenta il paradosso vede protagonista una donna di Sulmona, non vedente, che si è vista prima riconoscere un suo diritto dalla giustizia ma, passato un po’ di tempo, si è ritrovata di nuovo punto e a capo. Tutto è cominciato quando la donna chiede l’invalidità civile all’Inps ma l’istituto di previdenza emette il suo parere negativo. La signora non si arrende e decide di impugnare quel giudizio presso il Tribunale di Sulmona. Per il giudice la donna, in forza della sua patologia che non permette nemmeno di deambulare, ha diritto sia all’assistenza continua e sia all’invalidità civile. Tutto risolto verrebbe da dire. E invece no. Perché poi scatta quel meccanismo che si verifica anche su scala nazionale, da molti contestato. L’Inps infatti riconvoca in revisione un soggetto dichiarato invalido pochi mesi (se non poche settimane) dopo l’avvenuto riconoscimento giudiziale di prestazioni assistenziali connesse all’invalidità civile. Tutto ciò in quanto l’Inps non ha più alcuno strumento giuridico per ribaltare la situazione giudiziaria “sfavorevole. Ma l’avvocato del foro di Sulmona Catia Puglielli, che assiste la donna, ricorda la famosa sentenza della Cassazione a sezione unite del 1999 secondo la quale “la situazione già accertata nel precedente giudizio non può formare oggetto di una valutazione diversa ove permangano immutati gli elementi di fatto e di diritto preesistenti”. “La situazione della mia assistita di fatto non è cambiata e nonostante ciò l’Inps ha rivalutato la medesima patologia confermando il precedente giudizio amministrativo. Ma la nostra battaglia va avanti”- avverte la Puglielli. Certo è che la decisione della giustizia deve pur avere i suoi affetti ma, a quanto pare, gli utenti devono lottare due volte: contro la propria malattia e contro il riconoscimento dei propri diritti.

Andrea D’Aurelio

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