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SULMONA – Il Tribunale di Sulmona le aveva riconosciuto la sussistenza dei requisiti per l’indennità di accompagnamento ma lei, una donna di Sulmona, non ha fatto in tempo a godere di quel beneficio. E’ morta prima di ottenere quanto dovuto e dopo una continua lotta con gli sportelli Inps. L’ennesimo caso che balza alle cronache rimette al centro il sistema Italia che fa fatica a tener conto delle esigenze dei singoli utenti. Ma andiamo con ordine. La storia comincia qualche anno fa quando la sulmonese ha presentato regolare domanda per ottenere l’indennità di accompagnamento. Ma quella richiesta è stata respinta e la signora ha dovuto adire le vie legali, depositando ricorso per l’accertamento tecnico- preventivo in Tribunale che ha nominato un medico legale, incaricato dal giudice di effettuare la visita per verificare la sussistenza delle condizioni necessarie. Il Tribunale dà ragione alla donna ma la vicenda giudiziaria va avanti. L’Inps infatti, ritenendo errata la perizia, ha presentato opposizione. Si torna in giudizio. Comincia quindi la causa ordinaria che si è chiusa con la sentenza emessa dal Tribunale di Sulmona che ha respinto la richiesta dell’Inps e ha dichiarato la donna in diritto di beneficiare dell’indennità di accompagnamento. Respiro di sollievo? Assolutamente no. La donna si reca agli sportelli Inps per richiedere l’indennità ma sorgono altre complicazioni. Poi arriva il decesso e quel beneficio la sulmonese non lo potrà mai veder riconosciuto. “A volte i malati devono aspettare troppo per veder riconosciuto il loro diritto di natura previdenziale e a volte questo troppo si trasforma nella morte della persone che lo richiede. E non si tratta di un caso isolato”- interviene l’avvocato del foro di Sulmona, Catia Puglielli, che ha curato la vertenza e ora sta procedendo con ulteriori accertamenti.

Andrea D’Aurelio

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