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SULMONA – Un anno. Già un anno. Eppure sembra ieri quando nel cuore di Berlino si scatenò la violenza umana. Dodici morti e quarantotto feriti. Numeri che non passano di mente soprattutto perché, nell’elenco delle vittime, c’è anche la giovane di Sulmona Fabrizia Di Lorenzo. Terrore e fatalità si sono strette la mano quel terribile 19 dicembre 2016. Fabrizia sarebbe tornata di lì a poco a Sulmona per le feste natalizie ma prima ha voluto far visita ai mercatini di Natale. Poco dopo le 20 di quel lunedì trovò la morte. Il ricordo della tragedia cede il passo però alla forza della cultura. E’ stato un po’ il motto dell’incontro-dibattito di ieri pomeriggio al Teatro “Caniglia” che ha visto la partecipazione del Presidente del Parlamento Europeo Antonio Tajani, del Ministro della Difesa Roberta Pinotti, del Vice Presidente del Consiglio Superiore della Magistratura Giovanni Legnini, della senatrice Paola Pelino e del sindaco Annamaria Casini. Ma anche della schiera di forze dell’ordine con i vertici più alti in grado. Se la follia omicida di quel tir che ha fatto fuori dodici persone, spezzando storie ed esperienze diverse, lascia ancora tanta rabbia; a un anno di distanza si prova a reagire sfoderando l’arma della cultura e ricordando chi è stata questa “cittadina del mondo”, Fabrizia Di Lorenzo. La ragazza è una delle tante giovani che sognavano la normalità. Laureata all’Università La Sapienza di Roma in mediazione linguistico-culturale, dal 2009 al 2012 ha preso una laurea specialistica in Relazioni internazionali e diplomatiche a Bologna. Poi l’esperienza dell’Erasmus in Germania dove ha imparato il tedesco (come l’inglese) in maniera perfetta, e nel 2007 un periodo di lavoro a Vienna. Dopo le lauree lavorò per 6 mesi, fino al settembre 2012, in Italia; poi il trasferimento a Berlino, dove si trovava bene ed aveva trovato un lavoro. Il 10 gennaio 2018 a lei sarà intitolata l’aula 3.0 del Liceo Linguistico mentre nei pressi del “Vico”, a primavera, sorgerà un monumento. Tutti segni per far riflettere le nuove generazioni e quelle attuali. Un modo per non dare la soddisfazione a chi semina terrore di averla vinta. La violenza genera violenza che si ferma davanti le armi della cultura.

Andrea D’Aurelio

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