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L’AQUILA – Deciderà il prossimo 13 dicembre la Corte d’Appello dell’Aquila sul caso dell’orso ucciso nel settembre 2014 a Pettorano sul Gizio. Questa mattina, nell’udienza del processo d’appello, la Corte ha disposto il rinvio per un difetto di notifica dell’imputato. A sollevare il caso è stato l’avvocato di A.C, Franco Zurlo, dal momento che mancano i venti giorni per la citazione dell’operaio di 65 anni, accusato di uccisione di animale di specie protetta con arma da fuoco. L’uomo era stato assolto il 13 marzo 2018 dal Tribunale di Sulmona, con sentenza pronunciata dal giudice monocratico Marco Billi, perché il fatto non costituisce reato. La difesa riuscì a dimostrare che quella sera del 12 settembre 2014 il 65 enne di Pettorano era solo scivolato, stando al referto medico che certificò un trauma alla coscia. Mentre cadeva a terra, all’operaio sarebbero partiti dei colpi. In assenza di una consulenza balistica non si riuscì a provare che proprio quei proiettili provocarono la morte del plantigrado. In quel periodo almeno tre orsi si aggiravano per la frazione di Vallelarga. La sentenza di primo grado è stata impugnata dalla Procura Generale della Corte d’Appello e dalle associazioni ambientaliste che tornano a bomba per chiedere la condanna dell’imputato. “Dal processo prossimo venturo non ci aspettiamo nient’altro che una giusta condanna dell’imputato, non mesi di galera, ma solo l’applicazione della legge che vieta l’uccisione di un animale protetto da leggi nazionali ed europee, simbolo della nostra regione e che mai si è reso pericoloso per l’uomo, men che mai a Pettorano nell’autunno del 2014” – ha fatto notare l’associazione Salviamo L’Orso – “che sia una multa , un’ammenda, il ritiro definitivo del porto d’arma da caccia o un giorno di reclusione con la condizionale non ci importa”. L’ultimo responsabile di un atto di bracconaggio nei confronti di un orso d’Abruzzo individuato e processato risale a più di 30 anni fa. Nel frattempo sono stati circa 80, dal 1971, i plantigradi uccisi con armi da fuoco o con il veleno.

Andrea D’Aurelio

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