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SULMONA – Aperto o chiuso. Da salvare o da cancellare. Fino alle elezioni o per sempre. Ora basta. Non si può più giocare con le parole o con le speranze delle gente, in questo caso delle partorienti. Il punto nascita ha bisogno di certezze e di soluzioni definitive. Perché quella richiesta che è arrivata dal Ministero alla Regione non può stupire o lasciare a bocca aperta. Nessun provvedimento arriva come manna dal cielo e né si può pensare che le cose si risolvono dall’oggi al domani. Come ha rimarcato la consigliera comunale, Elisabetta Bianchi, nulla di nuovo sotto al sole. “Il documento di chiusura di cui si è parlato in queste ore altro non è che il verbale della seduta dello scorso mese di ottobre del tavolo tecnico ministeriale del Comitato percorso nascita nazionale pervenuto solo ora in Regione Abruzzo”- ricorda la consigliera. Sulmona invece cade dalle nuvole. Certo le risultanze del Ministero stridono con le promesse elargite in campagna elettorale, da parte di tutte le forze politiche in campo, sulla salvaguardia del reparto. Come pure è apparso subito strano che il Ministero chiede la chiusura quando il Ministro, Giulia Grillo, annunciava la revisione dell’accordo Stato-Regioni. Ma per i meno informati è bene ricordare che si tratta comunque di due procedimenti diversi. “In considerazione del progressivo calo degli indici demografici del Paese, della carenza di alcune figure professionali sanitarie e per l’evidenza di situazioni territoriali caratterizzate da particolare disagio orografico, credo sia necessario valutare insieme alle Regioni, e di questo ho già accennato al presidente Bonaccini, l’attualità dell’Accordo Stato-Regioni del 2010, recepito poi dal decreto ministeriale 70 del 2015”- aveva spiegato il Ministro. Manca però il passaggio più importante: mettere nero su bianco la revisione di quell’accordo. La Regione finora non ha attivato il cronoprogramma di chiusura, anche perché non si è ancora in grado di attivare le reti pre e post partum. La battaglia del punto nascita affonda le radici nel 2015 quando il centrodestra occupò l’Aula Consiliare di Palazzo San Francesco e l’ex assessore regionale, Andrea Gerosolimo,si pose di traverso contro la sua maggioranza. L’anno successivo il mantenimento del reparto è stato inserito nel piano sanitario regionale. Ma si sa che le battaglie personalizzate non producono effetti duraturi. Il comitato tecnico del Ministero ha confermato quindi il parere negativo e la Regione, per volere dell’ex assessore Paolucci, non ha firmato alcun decreto di chiusura. Ora tocca convocare la conferenza stato-regioni se davvero si vuole salvare il punto nascita e superare quella folta documentazione che altro non fa che generare confusione, soprattutto fra le partorienti. Non poche mamme si sono domandate se dopo il 10 febbraio potevano partorire in città. Di chiacchiere se ne sono state fatte e mettere il dito nella piaga giova a ben poco. Ora servono i fatti. Dal governo in primis e poi dalla nuova Regione dell’era Marsilio.

Andrea D’Aurelio

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