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SULMONA – Viveva in condizioni di disagio, al freddo e senza riscaldamento. Sulla morte del giovane pastore della Guinea, Ousmane Kourouma, è arrivato oggi il responso dell’esame autoptico eseguito dall’anatomopatologo, Luigi Miccolis. L’autopsia ha confermato l’ipotesi iniziale, vale a dire la morte dovuta all’intossicazione da monossido di carbonio, per le esalazioni del braciere che il pastore 23 enne aveva acceso in un bidone nella stanza ricavata all’interno dell’azienda agricola. Nel corso dell’esame autoptico non era presente un perito di parte e il medico legale ha effettuato tutti i prelievi di rito, per i quali si attende l’esito per i prossimi novanta giorni. Il fatto che la morte di Ousmane sia dovuta all’intossicazione vuol dire che il pastore non viveva in condizioni agevoli in quella stanza-rifugio. Il braciere lo aveva acceso quella maledetta notte di venerdì scorso per ripararsi dal freddo perché non aveva a disposizione il riscaldamento e probabilmente nemmeno una coperta. La sera precedente qualche agricoltore lo aveva notato sofferente mentre si accasciava a terra e si rialzava. La Procura della Repubblica di Sulmona, che ha aperto un’inchiesta sul caso, vuole andare fino in fondo sulla vicenda per fare piena luce e accertare eventuali responsabilità. Al momento c’è solo un iscritto nel registro degli indagati. Si tratta del datore di lavoro del pastore, un imprenditore di Canneto residente a Sulmona, che ha rilevato la gestione dell’azienda agricola da un 71 enne di Goriano Sicoli, proprietario della stessa. L’ipotesi di reato è omicidio colposo ma nelle prossime ore il quadro accusatorio, che potrebbe allargarsi, sarà sicuramente più chiaro. Non è escluso che l’inchiesta della Procura coinvolga anche altre persone. La salma è stata riconsegnata ai familiari che ora dovranno decidere se farla rientrare in Guinea o celebrare le esequie in Italia.

Andrea D’Aurelio

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