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SULMONA – Si svolgerà con molta probabilità nella giornata di domani l’interrogatorio di garanzia a S.D.L. e N.S., il primo sulmonese di origine e l’altro di adozione, che sono stati arrestati nei giorni scorsi dalla Squadra Anticrimine del Commissariato di Sulmona, coordinata dall’ispettore superiore Daniele L’Erario, con la pesante accusa di tentato omicidio con l’aggravante razzista. Si tratta del primo provvedimento emesso in Abruzzo, per odio razziale, che fa da apripista ad altre indagini. Non a caso l’episodio è rimbalzato sulla cronaca nazionale. I due arrestati sono stati rinchiusi nel carcere di piazzale Vittime del Dovere in attesa dell’interrogatorio ma l’avvocato Alberto Paolini, che difende il sulmonese, ritiene che il capo d’imputazione sia sproporzionato rispetto ai fatti avvenuti lo scorso 12 giugno che fanno riferimento al blitz del centro di accoglienza dei richiedenti asilo in corso Ovidio. “Sto mettendo a posto i fascicoli e domani probabilmente ci sarà l’interrogatorio di garanzia. Chiederò la scarcerazione del mio assistito perché non è razzista, un’accusa del genere è troppo pesante”- interviene l’avvocato Paolini che difende S.D.L. Nel fascicolo depositato alla Procura ci sono però anche una serie di testimonianze oltre a un video e a una serie di post su facebook che hanno spinto il giudice Marco Billi, su richiesta del Pm Stefano Iafolla, a disporre la misura cautelare in carcere. Stando a una ricostruzione dei fatti i due salirono al terzo piano del centro di accoglienza di Sulmona, minacciando gli ospiti con una pistola scacciacani ed un coltello di piccole dimensioni. I richiedenti asilo, sentendosi in pericolo provarono a difendersi, ma un 23enne proveniente dal Gambia venne colpito con un coltello al fianco sinistro. “La tipologia dell’arma impiegata, la natura del gesto compiuto e l’ampiezza della ferita procurata alla persona offesa, sono tutti elementi che denotano con assoluta evidenza – spiega il giudice – l’idoneità degli atti a cagionare il decesso della persona offesa”. Ma Billi ritiene anche che “fu una spedizione punitiva dettata dalle chiare finalità di discriminazione razziale e i due indagati avrebbero potuto uccidere, sfiorando con il coltello organi vitali”. Gli avvocati domani cercheranno di smontare il quadro accusatorio.

Andrea D’Aurelio

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