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SULMONA – “La camera di pernotto” al lordo degli arredi è di 9 metri quadrati, da aggiungere ai 3,6 metri del bagno, e che quindi la superficie netta è «ben superiore alla soglia minima di tre metri quadrati». Lo hanno stabilito i giudici della Corte di Cassazione che hanno negato al boss Domenico Ganci, detenuto presso il carcere di Sulmona, di ottenere una cella più ampia. Tolti gli arredi e il letto a castello, a sua disposizione resterebbero solo 2,9 metri quadrati, cioè 10 centimetri quadrati in meno rispetto a quanto previsto dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali. Secondo la convenzione lo spazio minimo a disposizione deve essere di almeno 3 metri quadrati, ma Ganci sostiene che lo spazio utile, al netto degli arredi, il letto a castello, e il locale bagno annesso, sia di 10 centimetri quadrati inferiore al limite previsto. Così il 61 enne di Palermo, il killer di Cosa Nostra condannato all’ergastolo per la strage di Capaci e un’altra serie di delitti, aveva fatto ricorso contro quella che ritiene una violazione della Cedu. Una tesi non condivisa dalla prima sezione penale della Corte di Cassazione, che dopo il tribunale di sorveglianza dell’Aquila, ha respinto l’istanza condannandolo al pagamento delle spese processuali. La Cassazione ora rigetta il ricorso perché “infondato”.

Andrea D’Aurelio

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