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L’Eremo Dannunziano, noto anche come eremo di San Vito, è un casolare costruito su un promontorio della Costa dei Trabocchi, localizzato nella contrada delle Portelle a San Vito Chietino, dove nell’estate del 1889 risiedette Gabriele D’Annunzio insieme alla sua amante Barbara Leoni.

E’ qui che il poeta trovò ispirazione e ambientazione per il Trionfo della Morte, ultimo della cosiddetta trilogia dei Romanzi della Rosa dopo “Il piacere” e “L’innocente”. Nel testo è proprio ai piedi del promontorio che i protagonisti del romanzo perdono la vita.

Per comprendere appieno quella solitudine misteriosa che tanto piaceva alla coppia bisogna pensare che in quei tempi  la località era totalmente amena, un luogo quasi inaccessibile, paradiso indiscusso della natura ricoperto di aranci e di ulivi.

Non esisteva l’attuale strada statale ma vi era solamente un pianoro che terminava quasi a strapiombo sul mare, e si poteva giungere alla casa dalla vicina stazione di San Vito solo attraverso una mulattiera, la stessa che Gabriele fece ricoprire di ginestre prima dell’arrivo della sua Barbara, affinché ella potesse giungere all’Eremo adorata come una Madonna in processione verso il tempio consacrato all’amore. 

La residenza, oggi di proprietà privata, può essere visitata d’estate su richiesta e in speciali occasioni, come le Giornate FAI di primavera che lo hanno elevato a uno dei siti più visitati d’Italia.

Tutt’oggi, nonostante l’inevitabile opera dell’uomo, l’intera area conserva tutto il suo fascino, regalando un panorama unico e suggestivo.

La natura affascinante e ammaliatrice che circonda l’eremo,  riporta il visitatore indietro nel tempo, tra i pensieri del grande poeta cantore dell’amore.

Oggi del soggiorno del poeta a Portelle rimane ancora molto. Occupò sicuramente la stanza al piano inferiore, adibita da lui a biblioteca e la stanza al piano superiore cui si accedeva attraverso la scala esterna, che fu sicuramente la camera da letto dei due amanti.

Dal 2009 l’eremo custodisce anche le spoglie della Leoni, grazie alla tenacia del Notaio Fernando De Rosa, la cui famiglia è oggi proprietaria dell’Eremo, che dopo tredici anni di lotte burocratiche è riuscito a far riportare le spoglie della donna nel luogo in cui arse d’amore.

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