banner
banner

Oggi le carte sono state rimesse sul tavolo: le opere di Tiziano Pellicciotti, della donazione Italo De Angelis, dovranno far ritorno ai legittimi proprietari. Dopo vari gradi di giudizio ora è la Corte d’Appello a sentenziare la restituzione, poiché ”inadempiente” l’Amministrazione Comunale. Ora, per l’esecuzione del trasferimento delle opere, viene chiamato in causa il Prefetto dell’Aquila, per delega da parte dell’Amministrazione Comunale.

La notizia non mi sorprende più di tanto, nel lockdown imposto dal coronavirus. Del resto sono stato uno dei protagonisti (se non “il”) della donazione. Nel corso di un incontro nel fortilizio degli Irti, nella frazione di Sassa, venni invitato ad andare a Pescara, dove il Collezionista Italo De Angelis era interessato a donare le opere del Pellicciotti ad un’istituzione pubblica, presumibilmente, il Comune dell’Aquila. Viaggio utile anche per prendere visione delle opere e fugare il vociare ignorante sull’autenticità delle stesse. Andai a Pescara in compagnia Giuliana Cococcetta, una delle artiste del Circolo Culturale Spazio Arte. Fummo accolti con simpatia da Italo. Né mancarono the e pasticcini. Ascoltai le sue “avventure” di viaggio per l’acquisizione delle opere (specialmente nelle aste); guardai con interesse (sia pure sommariamente) i quadri; chiesi quale pensasse fosse la giusta destinazione. Tre le condizioni poste per la donazione: una mostra, sistemazione della tomba nel cimitero del paese natio (Barisciano), allestimento della donazione nel Museo del capoluogo (al tempo in Santa Maria dei Raccomandati).

Si era negli anni dal 1985 al 1993. I Sindaci dell’epoca: Enzo Lombardi e Giuseppe Placidi. Il primo recepì la donazione e ne trasferì l’incombenza al Consorzio dei Beni Culturali della Provincia dell’aquila, nella persona del suo Direttore (Dott. Vladimiro Placidi), per la messa a punto del progetto.

Io venni chiamato in un secondo momento e solo quando l’amico Peppe Vespa manifestò di essere sorpreso che venissi ignorato stante il lavoro fatto, nonostante vi fosse difficoltà nell’individuazione d’altro esperto (N.d.R. Comunque a basso costo). Quanto a me, era scontato d’’essere estraneo al vanto dei tanti titoli (magari di studio) e del lavoro effettuato; sentivo d’essere un ordinario operatore (storico e critico) non estraneo al mondo dell’arte estraneo, non portato al proprio conto in banca.

Torno sulla Collezione. Dopo aver riflettuto sul tempo della scelta, stante la riflessione dell’amico “Peppe”, finii con l’accettare l’incarico che, comunque, avvenne a “voce”. Seguii l’allestimento della mostra al Castello dell’Aquila; curai il testo storico-critico del catalogo (chiamando in causa, anche un amico scrittore pescarese con il quale divisi i pochi spiccioli messi in campo dal citato Consorzio (al 50%); presentai “L’Ottocento di Tiziano Pellicciotti”, all’inaugurazione avvenuta il 4 agosto 1993. Fu presente Enzo Lombardi (Sindaco dell’Aquila dal 1985 al 1992); ma nel catalogo figurò il Sindaco del momento, Giuseppe Placidi.

Questa, dunque, la storia della Collezione perduta (?). Ma…..  si dovrebbe parlare anche della Collezione Picalfieri, della Biblioteca Ciarletta, ecc.. Si rincorrono le occasioni e le riflessioni su quanto perduto, per l’”arte” e la ‘cultura’, precipitate nell’inferno della politica locale aquilana negli ultimi decenni. Ripensando anche ai “Moti ‘71”: più decantati che oggetto dell’approfondita ragione celata.

Sul piano politico, l’accaduto nel 2009, meritava il giusto ricordo. Altre 309 vittime sono state distrutte in una città in cui, nel passato, ne aveva mietuta ben altre: la peste nel 1348 che procurò la morte di due terzi della popolazione aquilana; a seguire, nel 1478 per sedici mesi, con ventimila morti; nel 1657 si registrarono 2294 morti su 6000 abitanti. Poi i terremoti: nel 1315 andò avanti quattro settimane; nel 1350 si ebbero 800 contadini morti; nel 1471…… nel 1703 in tutti gli ‘Abruzzi’ il disastro andò oltre: 6000 morti, 4050 persone ferite, mutilate o debilitate. Si ricordano: l’uccisione del magistrato Colagrande (poi la sparizione della lapide della memoria); il bombardamento e i morti nella Zecca, l’eccidio nazifascista dei “9 martiri” (Ma per questi ultimi provvide il pennello di Remo Brindisi, effigiandone la memoria nel mondo dell’arte, senza clamore politico; clamore che, invece, sembra accompagnare nella realizzazione del “Parco della Memoria”, per le vittime dell’ultimo sisma. Nella “Città della Cultura” si sarebbe dovuto pensare ad un “Parco” di tutti i tempi, la memoria per i morti nei tanti disastri che hanno interessato la Città che, purtroppo, resta assonnata e non incline alla rinascenza che, quando è stata manifestata nel passato, l’hanno fatta sempre più grande e bella di prima.

Lascia un commento