Dal Governo arriva la conferma che l’Abruzzo non potrà uscire ancora dalla zona rossa. E non potrà passare in zona gialla prima del 21 dicembre, data fissata dall’ultimo Dpcm. Non è una forzatura dell’esecutivo nazionale, come Marsilio cerca di far passare, ma il regalo di Natale che lui ha fatto all’Abruzzo: quando ha forzato per portare la regione in zona rossa, conosceva bene i termini temporali della questione. Così sotto l’albero di famiglie e imprese c’è un danno enorme, nel periodo più proficuo dell’anno, divenuto tanto nero da far scendere la gente in piazza e mobilitare le forze sociali”: così il centrosinistra in Consiglio regionale d’Abruzzo. “Dopo aver richiesto con urgenza le restrizioni solo per vincere la folle corsa ad anticipare e contrastare il Governo – dichiarano i consiglieri di Pd, ‘Legnini presidente’, Gruppo misto e ‘Abruzzo in comune’ – ora cerca di scaricare su Roma le responsabilità della scelta che è stato lui a fare, cercando di disincastrare la regione dal garbuglio in cui l’ha gettata e salvare la faccia. Ci resteremo anche in barba alle promesse fatte stamane sui social da alcuni consiglieri regionali di centrodestra che promettevano uscite immaginarie dalla massima restrizione. Ci chiediamo perché, prima di firmare, Marsilio non abbia fatto mente locale su cosa significasse stare in zona rossa in termini temporali, visto che reclamava l’applicazione di una norma nazionale vigente al momento della firma dell’ordinanza e di cui ben conosceva anche i tempi di permanenza nelle varie aree. Pensi, Marsilio, ai danni che ha fatto e faccia arrivare almeno le risorse promesse in primavera ai destinatari, fra cui ci sono lavoratori, imprese e attività che per via della sua ordinanza hanno dovuto incrociare le braccia e ai quali siamo vicini e solidali”.
Ma a puntare il dito contro la Regione sono soprattutto le associazioni di categoria, quelle che stanno pagando maggiormente lo scotto dell’emergenza. “Non ci stiamo giocando solo il Natale, mentre molti di noi devono ‘ringraziare’ di non aver avuto abbastanza soldi per acquistare la merce, altri meno ‘fortunati’ purtroppo questo passo lo hanno già fatto, anche indebitandosi”. È solo una delle tante voci dei commercianti che si dicono disperati alla vigilia del Natale più nero. Ieri in tanti a Pescara sono scesi in piazza lanciando il loro grido d’allarme “perché vogliamo solo tornare a fare il nostro lavoro. Non vogliamo fare politica ma è chiaro che di fronte a questa situazione la politica deve assumersi le sue responsabilità per salvare il salvabile”.
Confesercenti esorta il governatore Marsilio ad “introdurre immediatamente nuovi ristori che compensino questi giorni persi”. Perdite irrecuperabili, soprattutto nel periodo natalizio, dopo mesi di chiusure e riaperture a metà, di investimenti per adeguare i locali alle norme anti contagio: “Mesi di terrore, di paura vera di arrivare al punto di lasciarsi andare definitivamente, senza vedere un soldo, senza poter pagare i fornitori, senza poter programmare o investire nella prossima stagione, con tutto il resto della merce ormai invenduto”, lamenta un altro commerciante.
“I negozi perderanno il decisivo ponte dell’Immacolata. Per le nostre imprese vuol dire perdere giorni cruciali negli acquisti di fine anno, un periodo che complessivamente vale anche il 50 per cento del fatturato”, hanno sottolineato il presidente regionale di Confesercenti Abruzzo Daniele Erasmi ed i presidenti territoriali. Magazzini pieni di merce invenduta ma da pagare, casse vuote anche per anticipare la cassa integrazione ai dipendenti, pioggia di disdette su ristoranti e alberghi in un periodo, dicembre, che vale anche la metà del fatturato per il commercio e la ristorazione. Commercianti, esercenti e albergatori d’Abruzzo, convocati da Confesercenti e presenti al massimo della capienza della piattaforma Google Meet, hanno denunciato conseguenze pesantissime sulle loro aziende per il prolungamento della zona rossa nella sola regione Abruzzo. “L’Italia riparte e l’Abruzzo resta fermo: pagheremo un prezzo altissimo, il più alto d’Italia in questo momento, e ci sono precise responsabilità. Questa volta non molleremo né indietreggeremo di un millimetro: avviamo una mobilitazione perché entro fine anno la Regione eroghi i ristori promessi questa estate e arrivati a poche centinaia di aziende, e deve prevederne altri che coprano questi giorni di chiusura ulteriore” ha esordito Daniele Erasmi, “nessuno pensi di scaricare solo sulle nostre imprese i clamorosi errori di cui l’Abruzzo è in questo momento ostaggio”. Situazione molto dura anche per la ristorazione: “Siamo i primi ad essere bersagliati e gli ultimi ad essere aiutati, ora c’è bisogno di un intervento radicale a sostegno dei nostri settori. Ora vogliamo i ristori che ci hanno promesso in Abruzzo”. Perdite importanti anche per le imprese alimentari, soprattutto nelle aree interne – come ha rilevato Pietro Leonarduzzi, operatore di Sulmona – si sente con più forza. Molto forte la testimonianza di Mario Antonelli, giovane presidente della Confesercenti aquilana: “Abbiamo dovuto chiudere la nostra azienda alimentare perché sono stato contagiato da mia madre, infermiera al pronto soccorso, e questo per una piccola azienda è devastante. Per fortuna stiamo ripartendo, ma così non si può andare avanti”. Ecco perché la Confesercenti non si ferma. “Azzeramento delle tasse locali e regionali, erogazione dei ristori regionali entro il 31 dicembre, previsione di nuovi ristori a copertura di questa ulteriore chiusura, credito d’imposta regionale sulle altre misure. Questa Regione” ha concluso i lavori Lido Legnini, direttore di Confesercenti, “deve darci risposte subito”.
Anche il Consorzio Qualità Abruzzo, che ad oggi conta più di 70 associati in tutta la regione tra ristoratori, pasticcieri e produttori, esprime il suo malcontento per le drastiche decisioni prese dal governo che infliggono all’intero settore della ristorazione italiana un ennesimo duro colpo. Dalla giornata di ieri sino al 15 gennaio tutti i ristoratori potranno restare aperti (sempre fino alle ore 18 in zona gialla) ma solo per i propri concittadini, dato il divieto di uscire dal proprio comune di residenza per i giorni di Natale, Santo Stefano e Capodanno. “Una decisione che nelle grandi città potrebbe non rappresentare un problema profondo ma per i ristoranti ubicati nei piccoli centri, com’è il caso di tanti in Abruzzo, il nuovo DPCM si rivela una beffa che i consorziati di Qualità Abruzzo non possono accettare”, spiega il consorzio. Ad affermarlo è Marcello Spadone, patron del Ristorante La bandiera di Civitella Casanova (Pe), un paese che conta poco più di 1700 abitanti: “Non riesco a mandare giù questo DPCM, c’è l’ho sullo stomaco…è pesante. Il comune di Napoli conta più di 1 milione di abitanti, quello di Milano conta 1396 milioni di abitanti, quello di Roma addirittura conta 2837 milioni di abitanti…e ne potrei citare tanti altri. La provincia di Pescara conta solo 318 mila abitanti. Il comune di Civitella Casanova conta 1702 abitanti e l’80% ha più di 70 anni. Mi chiedo, soprattutto per dare una spiegazione ai miei collaboratori, che poverini si sentono figli di un Dio minore, rispetto ad altre categorie di lavoratori: perché questo accanimento con i ristoranti dei piccoli centri? Perché chiudere nelle festività che per noi rappresentano i giorni di maggior lavoro, tutti i comuni senza tener conto del numero degli abitanti?”.
Ma c’è un altro settore al collasso a cui ancora non arrivano i fondi del Cura Abruzzo, quella delle estetiste con i centri estetici chiusi come pure quella dei tatuatori. Queste categorie soffrono economicamente in modo impressionante già da prima, un po’ come tanti altri settori. Hanno spese vive comunque, sia aperti che chiusi. Più volte le estetiste hanno fatto presente di seguire rigidi protocolli di sanificazione e cura dell’igiene, cose peraltro che loro facevano ben prima della pandemia, trattando con il corpo dei clienti. Come per esempio a volte non si spiegano perché loro devono restare chiuse e non possono vendere prodotti mentre le profumerie si.
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