TERAMO – Era finito sotto processo per aver portato fuori casa un coltello atto ad offendere ma alla fine è passata la linea della particolare tenuità del fatto. Protagonista della vicenda è un 46 enne di Sulmona che nei giorni scorsi è stato assolto dal Tribunale di Teramo per il porto abusivo d’arma da taglio ma il procedimento penale che si è chiuso con la sentenza di prima grado deriva da un’inchiesta ancora più complessa e delicata che vedeva indagato il sulmonese per il reato di atti persecutori nei confronti della sua ex. I fatti si sono verificati tra Sulmona e Teramo, ovvero tra l’aprile del 2016 e l’8 luglio del 2018 quando l’uomo, senza giustificato motivo, portava fuori dalla propria abitazione uno strumento atto ad offendere costituito in un coltello “multiuso” della lunghezza complessiva di 20 centimetri ed un cutter della lunghezza di 25 centimetri. Ma il 46 enne era stato accusato anche di aver posto in essere in maniera continua condotte di minaccia, molestia, intimidazione e vessazione psicologica nei confronti della sua ex. Dal quadro probatorio è emerso che il sulmonese tempestava di telefonate e messaggi su whatsapp la sua ex, dormiva nei pressi dei luoghi da lei frequentati per controllarla meglio, avrebbe perpetrato atti di aggressione fisica afferrandola al collo e avrebbe ingenerato un senso di colpa dopo averle mostrato la foto di un “nodo scorsoio”, facendole credere che si sarebbe tolto la vita per dimostrarle il bene che le voleva. L’imputazione di stalking è stata archiviata in sede d’indagine su richiesta del Pm a seguito dell’interrogatorio dell’indagato e della remissione della querela da parte della donna. Ma il procedimento è andato avanti per il porto abusivo di arma da taglio. L’8 luglio 2018 la malcapitata allertò i Carabinieri di Teramo che rintracciarono l’uomo e, a seguito di perquisizione, ritrovarono nell’autovettura un taglierino e un coltello, strumenti che per le circostanze vennero considerati atti ad offendere. L’avvocato difensore del foro di Sulmona, Fabio Guido, è riuscito a dimostrare nel corso del processo che la stessa offesa è di particolare tenuità e il comportamento del suo cliente non risulta abituale. Da qui la sentenza di assoluzione che non cancella il trascorso particolare e delicato di una burrascosa vicenda.
Andrea D’Aurelio
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