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SULMONA – Venti giorni di reclusione, risarcimento del danno alla parte civile per 8 mila euro e pagamento delle spese processuali per 1500 euro. È questa la pena comminata dal Tribunale di Sulmona a C.P. e A.S., coppia di coniugi sulmonesi, finita sotto la lente della magistratura per la famigerata truffa dei gratta e vinci. I fatti risalgono al 2017 quando i due imputati, secondo le accuse, avrebbero grattato i biglietti quel tanto che bastava per metterli sotto al lettore ottico di Lottomatica che, abbinando la lettura al codice a barre del tagliando, ne rivelava la vincita o meno. Così quelli vincenti venivano incassati tutti da loro, in contanti per vincite inferiori a mille euro, e accreditate sul conto corrente per quelle superiori. L’operazione portò al sequestro di complessivi 178 biglietti Gratta e Vinci e delle apparecchiature informatiche, alla revoca dell’autorizzazione alla vendita dei biglietti del concorso a premi da parte di Lottomatica. Nessuno, infatti, acquistando i biglietti si era accorto delle leggere abrasioni sulla pellicola protettiva delle zone da grattare. Tanto era la foga di scoprire un’eventuale vincita che gli ignari clienti non si erano accorti della truffa e avevano continuato a dare la colpa alla sfortuna, non sapendo che la dea bendata, stando all’accusa, era pilotata. I due esercenti, assistiti in giudizio dall’avvocato Alessandra Baldassarre, hanno rilasciato una versione completamente diversa dei fatti. Stando alla tesi difensiva la Lottomatica li avrebbe riforniti di biglietti che apparivano graffiati anche nella parte numerica. I due, però, non se ne sarebbero accorti, tanto da metterli in vendita, fino alla segnalazione di un cliente. Da lì la comunicazione a Lottomatica per ritirare i biglietti abrasi. Nel frattempo, la voce dei tagliandi “contraffatti” si sarebbe sparsa e un esercente concorrente avrebbe sporto denuncia alla Finanza, fino al sequestro del plico. Da cui, però, non sarebbe emerso nulla di anomalo, secondo l’avvocato, e neppure dai conti correnti degli imputati, da cui «non è stata sequestrata alcuna somma». Una versione diversa dall’accusa, secondo cui venivano messi in vendita solo i tagliandi non vincenti e incassati gli altri. Alla fine il giudice, Concetta Buccini, ha dichiarato la penale responsabilità della coppia, condannandola a venti giorni di reclusione e al pagamento di 9500 euro tra risarcimento del danno e spese processuali. Una sentenza che, verosimilmente, sarà appellata come conferma l’avvocato Baldassarre che dichiara: “ritengo che non ci siano prove per giungere alla condanna degli imputati ma a questo punto attendiamo le motivazioni della sentenza per proporre appello”. (a.d’ a )

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