
La Corte d’Appello dell’Aquila ha rigettato l’istanza di sospensione della provvisoria esecutorietà di una sentenza di primo grado, dando così ragione ad un 64enne di Sulmona che aveva acquistato bond argentini e dopo 17 anni ottiene il risarcimento. La storia: l’uomo aveva opposto il decreto ingiuntivo con cui l’istituto di credito gli aveva richiesto il pagamento di 267.829,63 euro, sostenendo che la banca fosse responsabile di una gestione impropria dei suoi titoli obbligazionari argentini. La difesa dell’uomo, rappresentata dagli avvocati Simona Capriolo e Alberto Paolini, ha evidenziato come l’istituto avesse venduto i titoli senza autorizzazione e senza tener conto del possibile rimborso del 150% del capitale investito offerto dalla Repubblica Argentina. Il giudice ha ritenuto fondate le contestazioni del ricorrente, stabilendo che la banca non avesse rispettato i canoni di buona fede e diligenza professionale. Inoltre, la mancata conservazione dei titoli fino alla definizione delle controversie ha aggravato la posizione della banca, che è stata quindi condannata al risarcimento del danno.
Il collegio giudicante, presieduto da Ignazio Del Bono, affiancato dai magistrati Francesca Ceccoli e Mariangela Furia (relatrice), si era espresso nell’ambito del procedimento civile iscritto al ruolo generale nel 2025. Dopo aver esaminato le note scritte depositate dalle parti e ritenuto che non sussistano motivi gravi tali da giustificare la sospensione, i giudici avevano escluso la possibilità di accogliere l’istanza presentata dalla parte appellante. In particolare, secondo quanto riportato nel provvedimento, non è emerso un concreto periculum in mora, ovvero un rischio effettivo e attuale di danno irreparabile derivante dall’immediata esecuzione della sentenza. I giudici avevano inoltre rilevato come l’appellante si sia limitato a prospettare genericamente una difficoltà di recupero delle somme, senza fornire una prova concreta dell’insolvibilità della controparte, la quale, anzi, risulterebbe disporre di beni patrimoniali, anche immobiliari. Non paga, la banca aveva chiesto di sospendere l’esecuzione della sentenza di primo grado. Richiesta che è stata respinta dalla Corte d’Appello dell’Aquila. “All’esito della sentenza di primo grado, la controparte ha proposto appello e, nelle more del giudizio, ha chiesto la sospensione dell’efficacia esecutiva alla Corte d’Appello. Tuttavia, ritenendo di avere pienamente ragione, ho dato esecuzione alla sentenza affinché la banca provvedesse al pagamento dovuto. La banca si è rifiutata di adempiere, costringendomi a procedere con l’esecuzione forzata tramite l’ufficiale giudiziario. Anche in quella sede hanno ostacolato il procedimento. A seguito di ciò, sono stati sottoposti a pignoramento 131.000 euro, a fronte di un credito complessivo di 158.000 euro, somma poi depositata su un libretto intestato al beneficiario. Dopo l’udienza davanti al Giudice dell’esecuzione, ho formalmente richiesto l’assegnazione e lo svincolo della somma”- spiega l’avvocato Paolini. “Ho inoltre inviato due solleciti, avvertendoli che, in caso di ulteriore inerzia, avrei proceduto con una denuncia. La controparte ha temporeggiato, dichiarando di voler attendere l’esito della sentenza della Corte d’Appello. Hanno atteso fino all’ultimo momento utile. Solo dopo averli messi in mora e minacciati di querela, hanno finalmente eseguito il bonifico”- conclude.