
Il giudice del Tribunale di Sulmona, Irene Giamminonni ha emesso una sentenza di grande rilievo in materia di buoni fruttiferi postali. La vicenda riguarda un 56enne di Scanno, che aveva citato in giudizio Poste Italiane S.p.A. per il mancato rimborso di una serie di titoli sottoscritti il 5 marzo 2002 per un valore complessivo di 142.500 euro. Il ricorrente, erede del padre (cointestatario dei buoni, deceduto nel 2021), aveva chiesto al giudice di condannare Poste al pagamento non solo del capitale, ma anche degli interessi maturati, per una somma complessiva di circa 192 mila euro. Secondo l’uomo, al momento della sottoscrizione gli era stato consegnato un foglio informativo analitico (FIA) che riportava una durata ventennale dei buoni. Per questo motivo egli aveva confidato che la scadenza fosse fissata al 2022. Quando però, nel 2024, si era recato presso l’ufficio postale per chiedere il rimborso, si era visto opporre il rifiuto: i titoli appartenevano infatti alla serie AA3, caratterizzata da una durata settennale. Secondo Poste, quindi, i buoni erano scaduti nel 2009 ed erano andati definitivamente prescritti nel 2019. La società ha chiesto il rigetto del ricorso sostenendo l’intervenuta prescrizione decennale prevista dal D.M. 19 dicembre 2000, la mancanza di prova circa la consegna di un foglio informativo errato e l’onere, in capo al risparmiatore, di informarsi sui termini effettivi dei titoli, resi pubblici tramite Gazzetta Ufficiale. Il Tribunale ha riconosciuto che i buoni erano effettivamente prescritti dal marzo 2019, non essendo stato compiuto alcun atto interruttivo nei termini. Tuttavia, ha accolto la domanda risarcitoria del 56enne, ravvisando una grave violazione dell’obbligo informativo da parte di Poste Italiane. Secondo la sentenza, Poste non ha dimostrato di aver consegnato al cliente il foglio informativo corretto; la semplice pubblicazione in Gazzetta Ufficiale non può sostituire l’obbligo di informazione diretta al risparmiatore; la dicitura “A TERMINE” riportata sui buoni era equivoca e non sufficiente a chiarire la reale durata. Il giudice ha quindi affermato che Poste Italiane ha ingenerato un legittimo affidamento nel cliente, inducendolo a ritenere valida una scadenza ventennale. Il Tribunale, grazie all’avvocato Giovanni Mastrogiovanni, ha riconosciuto al risparmiatore il risarcimento del solo capitale investito, pari a 142.500 euro, escludendo però il lucro cessante derivante dagli interessi. La ragione: è certo che, se correttamente informato, avrebbe riscosso in tempo il capitale, ma non è possibile stabilire con precisione il rendimento che avrebbe ottenuto. La somma sarà rivalutata secondo gli indici FOI ISTAT e maggiorata di interessi legali dal 6 marzo 2019 (data in cui è maturata la prescrizione) fino all’effettivo pagamento.









