
Acque minerali di altissima qualità che da quasi dieci anni finiscono disperse nel fiume Liri. È questa l’amara realtà delle sorgenti Sant’Antonio Sponga di Canistro, uno dei patrimoni naturali più preziosi dell’Abruzzo, al centro di una lunga e tormentata vicenda giudiziaria e amministrativa. L’ultimo colpo di scena è arrivato dal TAR di Pescara, che ha escluso definitivamente la società Santa Croce – storica concessionaria dell’impianto – dalla terza gara pubblica per l’assegnazione della concessione. La motivazione? Il concordato preventivo, anche se in continuità aziendale, rappresenta una condizione ostativa secondo la legge regionale sulle acque e il disciplinare di gara. Dal 2015, anno in cui la Regione Abruzzo ha revocato la concessione a Santa Croce, il sito è rimasto inutilizzato. Nel frattempo, si sono susseguiti ricorsi, bandi andati a vuoto, sentenze e polemiche. A pagare il prezzo più alto: 75 lavoratori licenziati e milioni di euro persi in royalties non incassate. Dopo una lunga sequenza di esclusioni e annullamenti, questa terza gara aveva visto due contendenti: Santa Croce e Sant’Anna, noto gruppo piemontese leader nel settore. Nonostante l’ottimo punteggio ottenuto da Santa Croce in fase tecnica ed economica, la documentazione fiscale e la situazione legale della società hanno impedito l’aggiudicazione. Il TAR ha accolto i ricorsi presentati da Areacom (l’agenzia regionale per la committenza) e dalla stessa Sant’Anna, sostenendo che:
- Il concordato preventivo, anche in continuità, non garantisce stabilità economico-finanziaria sufficiente;
- Santa Croce ha omesso informazioni rilevanti nella domanda di partecipazione;
- Sussistono violazioni fiscali pregresse che aggravano ulteriormente la posizione della società.
Secondo il TAR, l’affidamento di un bene pubblico così rilevante richiede requisiti stringenti a tutela dell’interesse collettivo. E per la seconda volta in pochi anni, i giudici hanno giudicato inammissibile la partecipazione di Santa Croce. Ora tocca alla commissione di gara decidere il futuro delle sorgenti. Le opzioni sono due: assegnare direttamente la concessione a Sant’Anna, oppure indire una nuova gara, che sarebbe la quarta. La prima opzione appare più rapida e auspicabile per molti, inclusi i legali della Sant’Anna. La società si è dichiarata pronta a investire sul territorio, con un progetto industriale innovativo e sostenibile. Ma resta da risolvere la questione degli spazi per il nuovo stabilimento, che in passato ha bloccato altri tentativi di rilancio. Il rischio, ora, è di allungare ulteriormente i tempi. Ogni giorno che passa è un danno per l’economia locale, per l’ambiente e per la credibilità delle istituzioni. Le sorgenti di Canistro rappresentano un bene pubblico strategico, e la loro valorizzazione non può più attendere. La Regione Abruzzo, il Comune di Canistro e Areacom hanno oggi l’opportunità – e la responsabilità – di voltare pagina e chiudere una volta per tutte quella che è stata definita la “guerra dell’acqua” abruzzese. Farlo, però, richiederà una scelta chiara: quella della trasparenza, della legalità e del rispetto per il territorio.