PRATOLA PELIGNA – “Spero solo che i pratolani di nuova generazione non ti lascino preda di malerbe, di ortiche e di sporcizia che si deposita nel tempo”. La commuovente lettera indirizzata al vecchio edificio scolastico, che nei giorni scorsi ha lasciato il posto alla scuola innovativa e super sicura arriva dal pratolano Sergio Santilli, che ha ripercorso tutti gli aneddoti di quelle antiche mura dove sono cresciute intere generazioni. Una lettera che tocca le corde del cuore da consegnare ai giovani studenti alla vigilia di un nuovo anno scolastico. Se è vero che la scuola è ancora oggi palestra di vita, agenzia educativa, un luogo che segna e forma l’identità di una persona.
“Il nuovo complesso, detto polo scolastico è pronto ad ospitare le nuove generazioni e lo hanno costruito dove una volta era in programma la costruzione di un ospedaletto per Pratola , voluto da rimesse americane. Poi non se ne fece nulla e la struttura fu adattata dopo restauro ad ITIS, istituto tecnino per molte genrazioni di studenti pratolani e non. Ora ne è sorto un complesso antisismico ad erga omnes, partendo dall’asilo infantile, alle scuole medie. A vederlo mi ricorda quando allestivo il presepe, con tante casette messe una a fianco all’altra. Ma tu, caro edifico scolastico eri monumentale, austrero, con una lunga inferriata che ne tracciava i confini esterni e protettiva, per rendere il più possibile attente le nostre lezioni”- scrive Santilli- “ricordo come fosse ora, il piazzale antistante, che dava sfogo alle nostre rincorse, prima del suono della campanella , ricordo Domenico Pizzoferrato, il bidello che vi abitava con la famiglia, subito dopo il portone d’ingresso, appena dopo il corridoio, a sinistra. Egli ci chiamava agitando freneticamente la sua campanella. Rammento che si metteva all’ingresso, a ridosso del cancelletto laterale e ci contava a mente, uno ad uno, come il pastore fa con le sue pecorelle, quando rientrano dal pascolo. E come ci teneva a tenerlo sempre pulito. Grazie ai tanti maestri e maestre, che hanno dato tanto in dedizione esercitando il loro ruolo di insegnanti, tanto da restare scolpiti nella nostra memoria, ognuno vissuto o ancora vivo, ricorda il suo di maestro o maestra. Tutti bravi e colti. Quell’edificio supplì all’epoca, alla carenza di un istituto che avrebbe ospitato numerose classi, femminili e maschili. Furono chiamate le migliori maestranze , i migliori ingegneri. E difatti è perfetto, per l’epoca. Luminoso sia come aule che come corridoi, servizi igienici, termosifoni. Ora non sei più lo stesso, la tua epoca è passata, non sentirai più il confusionario vociare dei tanti ragazzi, mai più ci saranno i tanti genitori fuori in attesa dei loro bimbi all’uscita(ai miei tempi facevamo tutto da soli, andare a scuola e tornare a casa, pochi erano motorizzati, anzi nessuno) e mai più si sentirà quel buon profumo lungo il corridoio, che esalavano le minestre che le brave cuoche preparavano per la refezione per gli incapienti. Ecco perché, ora ti scrivo questa mia lettera, perché anche io mi appresto a terminare la mia strada, spero il più tardi possibile, ma tanti anni sono ormai passati e non volevo mancare di dirti grazie, a te ed a quanti si adoperarono a formare e proteggere la mia fanciullezza”. (a.d’.a.)