Per mesi e mesi aveva nascosto i lividi e i segni della violenza, coperti da un amore che non era amore, da un “tiriamo a campare” che poteva farla finire nel baratro o, peggio ancora, nell’aldilà. Anna (nome di fantasia), donna sulmonese vittima di violenza da parte del suo ex, pensava di essere lei il problema, di non capirlo abbastanza. Poi, un giorno, la situazione era sfuggita di mano all’uomo tanto che, con il volto tumefatto, era riuscita a fuggire e chiedere aiuto ai medici dell’ospedale. A salvarla è stata la consapovelezza che il possesso non è una forma d’amore ma solo il frutto di un approccio culturale pressoccè nullo, che intende ancora la donna come diritto di proprietà. Oggi, nella giornata del 25 novembre, raccontiamo la sua storia. Noi che ogni giorno, con l’aggiornamento continuo della cronaca nera e giudiziaria, intercettiamo casi e segnalazioni di violenza. Solo alcune finiscono nelle aule del Tribunale o nei centri che operano sul territorio. Tante altre, troppe, restano sommerse. Clicca qui per video https://www.youtube.com/watch?v=b4Z9HerBO4o&feature=youtu.be
Mi chiamo Anna e ho 36 anni. Per molto tempo, sono stata un’ombra della donna che avrei voluto essere. La mia storia non è diversa da quella di tante altre, ma ogni ferita, ogni insulto e ogni lacrima che ho versato hanno lasciato un segno indelebile sulla mia anima. Ho incontrato Luca quando avevo 19 anni. Era gentile, affettuoso, mi faceva sentire speciale. Ma con il tempo, qualcosa è cambiato. Gli sguardi amorevoli sono diventati occhi carichi di rabbia. Le parole dolci si sono trasformate in urla e insulti. E poi sono arrivate le mani. All’inizio solo spintoni, quasi impercettibili, sempre accompagnati da scuse e promesse di cambiare. Ma quei gesti sono diventati sempre più violenti, e io mi sono ritrovata a nascondere lividi e vergogna. “È colpa mia,” pensavo. “Se fossi diversa, se fossi più paziente o più comprensiva, lui non si comporterebbe così.” Mi sono raccontata questa bugia per anni, finché una notte tutto è cambiato. Sono stata picchiata per l’ennesima volta avevo tutto il volto tumefatto, sono finita in ospedale. Fu in quel momento che mi resi conto che non ero io a sbagliare. Stavo pagando il prezzo del silenzio. Con l’aiuto di un’amica e di un centro antiviolenza, ho trovato la forza di lasciare Luca. Non è stato facile. Avevo paura, tanta paura. Ma quella paura non era più grande del desiderio che avevo di vivere. A tutte le donne che si trovano nella mia situazione, voglio dire una cosa: non è colpa vostra. Nessuno ha il diritto di alzare le mani su di voi o di spegnere la vostra luce. La violenza non è amore. È un veleno che vi consuma poco a poco, fino a farvi dimenticare chi siete. Chiedete aiuto. Ci sono persone pronte ad ascoltarvi, a a tendervi una mano.