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SULMONA – Omessa predisposizione dei locali ed aree idonee a gestire l’emergenza, omessa preparazione del personale sanitario a trattare il paziente affetto da Coronavirus, carenza di fornitura di idonei dispositivi di protezione, omessa procedura di vestizione e svestizione del personale da effettuare in una zona filtro che sembrerebbe non allestita. L’elenco delle criticità riscontrate in questa seconda ondata arriva da un gruppo di infermieri e operatori socio-sanitari del reparto Utic-Cardiologia dell’ospedale di Sulmona che hanno messo tutto nero su bianco chiedendo alla Asl un intervento immediato e, per il tramite dell’avvocato Giovanni Autiero, hanno presentato anche un esposto alla Procura della Repubblica di Sulmona. Nel reparto in questione si è acceso un focolaio nelle scorse settimane con quattordici positivi tra operatori sanitari e pazienti, uno dei quali deceduto ieri all’ospedale di Pescara, ovvero un 60 enne di Pratola Peligna. La situazione che si è venuta a creare, a detta dei denuncianti, configura un illecito civile e un reato penale, per la lesione dei diritti fondamentali dell’individuo, dell’integrità della persona e della protezione della salute. Pazienti e operatori avrebbero infatti subito le carenze del sistema e dei vertici dell’azienda e hanno dato l’anima, nonostante tutto, per arginarle. Gli operatori dell’Utic Cardiologia chiedono alla Direzione Generale della Asl di intervenire in tal senso e alla magistratura di accertare eventuali responsabilità. Per diversi giorni il reparto ha operato con un solo infermiere a turno, costretto a turni impossibili come notte su notte, senza riposo. Ai sette infermieri rimasti in servizio se ne sono aggiunti altri due nei giorni scorsi che stanno lanciando il cuore oltre l’ostacolo per garantire il servizio con i due posti letto per le stabilizzazione dei pazienti e procedere verso una graduale ripresa della normale attività. Ma le carenze riscontrate nelle scorse settimane sono state oggetto di un esposto-denuncia attraverso la quale, oltre alle omissioni di cui si è già parlato, gli operatori hanno lamentato anche l’intempestività per lo svolgimento di test rapidi per la diagnosi urgente e la sanificazione di ambiente e attrezzature per la temporanea chiusura del reparto. Uno stato di fatto che, secondo gli operatori, ha trasformato nelle scorse settimane un reparto deputato alla cura dei malati cardiopatici ad un luogo pericoloso per i pazienti e per lo stesso personale sanitario. Le nefandezze di questa seconda ondata finiscono anche sui tavoli della giustizia.

Andrea D’Aurelio

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