
Gli utenti truffati sono 40 mila e tra essi ci sono anche diversi sulmonesi L’azienda proponeva contratti di noleggio di questi supercomputer, accessibili a ogni fascia di investitore, con quote da 500, 1.000, 2.000, 5.000 fino a 10.000 dollari, garantendo una gestione “chiavi in mano”, senza preoccupazioni tecniche per l’utente finale. Parallelamente, aveva costruito una rete aggressiva di promoter: venditori porta a porta, spesso impegnati in eventi dal tono ipnotico e festoso, incaricati di reclutare nuovi investitori. Il sistema era strutturato in modo gerarchico, di fatto piramidale, con guadagni proporzionali alla quantità di clienti portati all’interno del meccanismo: più contratti, più commissioni, più avanzamento nella scala interna. Uno schema che ricorda da vicino il famigerato schema Ponzi, anche se i diretti interessati hanno sempre rigettato con forza tale definizione. Tutto sembrava funzionare, soprattutto tra novembre 2024 e febbraio 2025, quando il Bitcoin ha toccato vette record, passando da 60.000 a oltre 100.000 dollari. Ma proprio quando gli investitori hanno tentato di incassare i profitti accumulati sulle piattaforme digitali, è arrivata la doccia fredda: i fondi non erano disponibili. Solo numeri sullo schermo, nessun accredito reale. L’Azienda ha iniziato a prendere tempo, addurre motivazioni tecniche, ritardi operativi, fino a scomparire progressivamente dalla scena. A marzo 2025 l’ammissione di “difficoltà operative”, culminata poi, il 10 luglio, con l’apertura della procedura di liquidazione giudiziale della società italiana. C’è chi oggi sospetta che l’intero progetto sia stato un castello di carte: niente computer fisici, nessun mining effettivo, nessun portafoglio digitale funzionante. Solo una narrazione ben costruita e sostenuta da una rete commerciale motivata e aggressiva. I numeri sono drammatici: circa 40.000 investitori coinvolti, molti dei quali in Italia. Anche a Sulmona non mancano le storie amare: famiglie che hanno investito i risparmi di una vita, qualcuno addirittura “mezza casa”. Resta da capire ora se e come la magistratura riuscirà a ricostruire la rete di responsabilità e restituire, almeno in parte, giustizia alle vittime di una truffa che ha usato il fascino dell’oro digitale per far sparire denaro reale.









