SULMONA. Si è aperto oggi il processo a carico di P.L, ex medico del pronto soccorso, finito nella tempesta giudiziaria per aver percepito 1.750 per una cura domiciliare da un commerciante. I giudici hanno disposto una perizia sui dispositivi elettronici dell’imputato. Il paziente, bloccato nell’abitazione a causa degli allora protocolli sanitari in vigore per il Coronavirus, aveva contatto il medico per conoscere la stato di salute della propria consorte, ricoverata presso il nosocomio sulmonese. Durante la telefonata, il sanitario avrebbe avanzato la proposta di una terapia alternativa all’uomo per guarire il prima possibile dall’infezione. Terapia iniziata dopo il terzo tampone positivo. L’uomo si era fatto somministrare la cura proposta dal medico, sia in via endovenosa e sia in via orale. Sette flaconi dal costo di 250 euro l’uno, per un totale di 1.750 di assegni staccati. Per le prestazioni sanitarie, però, non sarebbe mai stata emessa fattura. Tant’è che alla richiesta dell’uomo di ricevere la regolare ricevuta, il medico avrebbe risposto che in quel caso il costo delle prestazioni mediche sarebbe raddoppiato. Da qui l’accusa di concussione. L’imputato è difeso dagli avvocati, Alessandro Margiotta e Alessandro Scelli.