
SULMONA. “Penso che i giovanissimi abbiano la maturità per comprendere il disvalore dei loro comportamenti. Ciò che manca sono i freni”. Lo afferma David Mancini, il procuratore della Repubblica del tribunale per i minorenni dell’Aquila, che interviene sul caso della dodicenne abusata e ricattata con i video a Sulmona. Mancini ha aperto un fascicolo per divulgazione di notizie riservate, “perché quando si parla di minori bisogna stare attenti a far trapelare informazioni dettagliate in grado di farli riconoscere”. Lo sanno bene i giornalisti iscritti all’albo professionale che si devono attenere al codice etico e deontologico. Ma il procuratore interviene anche sul fenomeno. I giovanissimi sanno quello che fanno? «Tendenzialmente sono coscienti, quantomeno nel senso che possiedono la capacità di intendere e volere. E le dirò di più: penso abbiano anche la maturità per comprendere il disvalore dei loro comportamenti. Cià che manca sono i freni, la capacità di pensare “non posso farlo perché sarebbe una violazione pesantissima di quella persona, del suo corpo”». Sull’abbassamento dell’età dell’imputabilità il numero uno della Procura dei Minorenni frena. «Mi sembra un’aberrazione. Non servirebbe a niente. Bisogna pensare a come usare gli strumenti della formazione, alla sinergia tra enti e formazioni sociali e alla reintegrazione di chi viene punito. La punizione a tutti i costi non funziona con gli adulti, figuriamoci con i minori. Fatto salvo, chiaramente, il principio per cui chi sbaglia paga». Il caso della dodicenne è venuto fuori proprio una settimana fa con il lancio della nostra notizia sui primi sequestri. Poi l’arrivo delle telecamere e dei giornalisti di tutta Italia. Sotto inchiesta sono finiti un 14enne e un 18enne, accusati di violenza sessuale aggravata e produzione di materiale pornografico, stessa accusa riservata a un 17enne. Al vaglio dei periti pc, telefoni e dispositivi informatici dei tre. Non solo cronaca. Sentendo la notizia (almeno da noi e non solo) trattata con essenzialità vista la delicatezza del caso, c’è chi si è sentito in dovere di collaborare con gli inquirenti, come il padre 50enne che è andato in caserma per “denunciare” la figlia che ha visto un video a contenuto sessualmente esplicito. A denunciare il caso era stata la stessa dodicenne al 114, il numero riservato agli abusi per minori. E’ stata la prima richiesta d’aiuto. Un numero che si conosce ancora poco e che permette, ai minori in difficoltà, di avere esperti pronti a prendere in carico la situazione. Non solo “fughe” e pettegolezzi insomma, ma anche la scoperta di una rete che opera sul territorio. Ora il dramma però ha bisogno di silenzio per essere metabolizzato e attraversato, sul piano psicologico e investigativo. Per questo come testata ci sentiamo di mettere un punto e andare a capo, per permettere agli inquirenti di lavorare. Ovviamente seguiremo tutti gli aggiornamenti di estrema rilevanza.









