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SULMONA –  Il Tribunale revoca il rinvio dell’esecuzione della pena e l’ergastolano che uccise un agente di polizia penitenziaria, Francesco Barivelo, torna dietro le sbarre, nel carcere di piazzale Vittime del dovere, che per lui si può dire è diventata una seconda casa. Il rientro in cella è scattato per l’applicazione del decreto Antimafia voluto dal ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, approvato in consiglio dei ministri lo scorso 9 maggio. Anche in questo caso, come previsto dalla nuova normativa, l’iniziativa è stata intrapresa dal Dap, il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria. Nell’ordinanza del Tribunale di sorveglianza dell’Aquila si legge che “il rischio contagio in Italia e in Abruzzo in particolare è notevolmente diminuito e non essendo il Barivelo, che ha fruito positivamente di ben 28 permessi premio dall’agosto 2015, soggetto che non possa giovarsi di cure e trattamenti indispensabili e non praticabili dall’istituto di detenzione, non avendo bisogno di particolari cure, si esprime (ndr) parere favorevole alla revoca del provvedimento di rinvio dell’esecuzione della pena nella forma della detenzione domiciliare”. Il magistrato di sorveglianza ha fatto pure notare che “le condizioni di salute del Barivelo non sarebbero oggi aggravate dal suo rientro all’interno del circuito penitenziario tanto più che per quanto riguarda la Casa di Reclusione di Sulmona non si sono registrate situazioni attuali di criticità”. Francesco Barivelo torna a scontare il suo ergastolo in carcere. Condannato per l’omicidio dell’agente di polizia penitenziaria Carmelo Magli, avvenuto nel 1994, il 26 marzo era finito agli arresti domiciliari a causa del rischio sanitario per l’emergenza Covid. L’agente di Polizia Penitenziaria Magli fu ucciso nella notte tra il 17 e il 18 novembre 1994 mentre stava tornando nella sua a casa di Francavilla Fontana al termine del suo turno di lavoro nella casa circondariale ionica. A contestare la detenzione domiciliare fu il sindacato Sappe mentre Mauro Nardella della Uil fece notare che la condotta del “detenuto modello” rientra “nell’opera di recupero e reinserimento sociale e che governa i nostri obblighi professionali”, in riferimento alla mission degli agenti di polizia penitenziaria.

Andrea D’Aurelio

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