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Dal 1 luglio e fino al 31 luglio 2021 sarà possibile richiedere quattro mensilità del reddito di emergenza, relative al periodo giugno, luglio, agosto e settembre 2021 come da comunicazione dell’INPS. Parliamo di un importo che varia da 400 a 840 euro e che prevede una possibilità di accesso per chi possieda i requisiti previsti dal decreto sostegni bis ovvero:  

1) Residenza in Italia al momento della domanda  

2) Un valore ISEE sotto i 15.000 euro  

3) Un patrimonio mobiliare sotto un valore di 10.000 euro, che in alcuni casi può arrivare fino a 25.000 euro  

4) Un reddito per cassa nel mese di aprile 2021 inferiore al beneficio atteso dal Reddito di emergenza.  

Per poter usufruire del beneficio, si deve fare domanda telematica dal 1 luglio al 31 luglio 2021 e per questo gli uffici del Patronato INCA CGIL sono a disposizione dell’utenza nelle sedi di L’Aquila, Avezzano, Carsoli, Pescina, Sulmona, Castel di Sangro e Pratola Peligna. Il reddito di emergenza è incompatibile con il reddito di cittadinanza e con le pensioni sia dirette che indirette ad eccezione dei trattamenti pensionistici di invalidità. Non è compatibile altresì con i bonus previsti dal decreto sostegni bis. “La necessità di rilanciare questo strumento di sostegno al reddito è la misura di quanto sia profondo il disagio in alcune fasce della popolazione e come siano attuali le misure di contrasto alla povertà assoluta e relativa anche di tanti lavoratori. Sono ancora in corso i pagamenti delle prime tre mensilità di marzo, aprile e maggio ma già si coglie l’elemento di necessità di molti, che nel mentre non hanno potuto trovare nuova occupazione. In questo senso possiamo dire che la scelta di tenere fuori coloro che hanno esaurito la naspi dopo il 1 luglio 2020 non ci sembra da condividere perché il mercato del lavoro non presenta elementi sostanziali di dinamicità. Non è ancora chiaro cosa succederà con lo sblocco dei licenziamenti ma è già emergenza sociale e la situazione rischia di aggravarsi. Andiamo incontro ad una fase politica molto particolare e non è da escludere che la marginalità di alcuni non diventi poi un’esclusione strutturale dal circuito del lavoro e del reddito. In particolare sono i giovani e le donne, che hanno pagato il prezzo più alto della crisi ed in molti casi i migranti che sono in Italia e senza alternative. L’analisi porta un contenuto di forte preoccupazione e la dichiarata fine della pandemia non fa il paio con la fine dei problemi economici e di vita di tanta parte della popolazione, che vive una sofferenza continua. Ora occorre uno sforzo collettivo per cercare di superare una delle fasi più complicate della vita di questo paese”. 

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