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SULMONA – Isolamento personale e domiciliare, la paura di essere additati, la nostalgia della normalità che sale e la burocrazia che dà il colpo di grazia. I pazienti Covid in via di guarigione stanno affrontando un vero e proprio calvario che noi di Onda Tg abbiamo già denunciato ieri insieme al Tribunale della sanità per raccogliere le istanze che arrivano da quanti stanno affrontando in prima persona il famigerato nemico invisibile. Perché è inutile gridare dopo l’ennesimo “scippo” della struttura per guariti Covid o, peggio ancora, trasformarsi in leoni da tastiera quando i problemi si sono incancreniti senza una possibilità di risoluzione. L’odissea riguarda l’ultima fase della guarigione e della negativizzazione del virus che deve essere certificata con due tamponi. Se per coloro che si trovano ricoverati nelle strutture convenzionate il percorso è pressoché automatico, per i pazienti Covid in isolamento domiciliare diventa tutto più difficile. Ne sa qualcosa la signora Giorgia ( nome di fantasia) che è risultata positiva al Covid e ha seguito la terapia in casa. Lei in una stanza e i suoi figli in un’altra. Niente contatti, incontri ravvicinati, abbracci e baci della buonanotte. E’ il terribile spaccato della quotidianità che si trasforma ai tempi del Covid. Da quando è arrivato l’esito del tampone sono passati diciotto giorni ma la persona in questione non sa se si è negativizzata né è in grado di sapere se suo marito, anche lui positivo al virus, potrà rientrare a casa tra qualche giorno quando terminerà la convalescenza. “Se non mi fanno il tampone di negativizzazione mio marito non può rientrare a casa e si ritroverà come alla terra di nessuno, al confine di Gaza. Chi paga le spese per una eventuale e ulteriore convalescenza?”- si domanda la donna nel suo sfogo- denuncia. “Per affrontare la sorveglianza libera c’è bisogno di un ambiente pulito, ma se io non sono ancora dichiarata negativa, è evidente che mio marito non potrà rientrare”- fa notare la signora non senza rimarcare che “già questo maledetto virus distrugge fisicamente se poi, per colpa di una burocrazia farlocca, ci aggiungiamo la destabilizzazione psicologica, si può immaginare cosa saremo diventati una volta tornati alla normalità”. Uno sfogo che deve far riflettere e rende l’idea dei disagi che i Covid stanno affrontando in casa: non possono recarsi in ospedale per il tampone poiché ancora positivi, non possono essere raggiunti dall’Usca salvo una formale autorizzazione né dal 118 per carenza di personale. Non è quindi azzardato sostenere che negli ultimi tempi si discute di tutto e su tutto, la maggior parte delle volte del superfluo, senza concentrarsi sui problemi concreti dell’emergenza. Uno spaccato della quotidianità che anche la buona informazione, quella che non lancia “allarmismi”, deve o dovrebbe intercettare.

Andrea D’Aurelio

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