
Consorte: “Accertamenti privi di rigore, il Ministero elude la sentenza del TAR”
Si infittisce il mistero attorno al celebre Guerriero di Capestrano, mentre la battaglia legale davanti al TAR di Pescara entra nel vivo. A rilanciare dubbi e polemiche è il regista e autore del film-inchiesta “Il Guerriero mi pare strano”, Alessio Consorte, che denuncia gravi irregolarità nelle analisi utilizzate per sostenere l’autenticità della statua simbolo dell’Abruzzo. Al centro delle contestazioni c’è un workshop universitario promosso nell’ambito del progetto europeo EuroTeCH (2018–2021), coordinato dall’Università “Gabriele d’Annunzio” di Chieti-Pescara e finanziato con fondi Erasmus Plus per oltre 360 mila euro. Proprio da lì è nata la relazione ARS – Archeologia e Remote Sensing – considerata dal Ministero della Cultura un documento scientifico a supporto dell’autenticità della scultura. Ma secondo Consorte, il contenuto di quella relazione è tutt’altro che affidabile: immagini UV realizzate nel 2019 da un fotografo senza qualifiche nel campo della diagnostica, analisi non firmate né datate, mancanza di validazione scientifica da parte di esperti accreditati. Le stesse immagini UV, visionate da specialisti contattati dal regista, rivelerebbero tracce di cera d’api, non pittura bianca, come invece sostenuto dal documento ARS. Il Ministero, secondo quanto ricostruito, ha negato a Consorte l’autorizzazione per analisi XRF indipendenti, proposte gratuitamente da un team qualificato. Le uniche indagini finora eseguite, dopo la sentenza del TAR, sono state prodotte in giudizio dal Ministero ma, denuncia Consorte, sono prive di firma, data e riferimenti professionali. Tanto che il TAR stesso ne ha dichiarato l’inutilizzabilità. Nonostante ciò, in vista dell’udienza fissata per il 20 giugno, il Ministero ha trasmesso una seconda parte di documenti, riguardanti alcune stele italiche, che presenterebbero le medesime criticità formali e scientifiche.


“Si tratta di un tentativo di aggirare la sentenza del TAR – afferma l’avvocato Luca Presutti, legale di Consorte – La produzione del progetto ARS in giudizio appare come una manovra per eludere l’obbligo di esibire gli esami che il Ministero aveva dichiarato di possedere”.
Uno degli aspetti più controversi riguarda le immagini UV, realizzate nel 2019 dal dottor Rocco D’Errico, archeologo, fotografo ed esperto in grafica e sviluppo web, ma privo – all’epoca del workshop – di competenze diagnostiche nell’ambito delle misurazioni con lampada di Wood.
Nel gruppo di lavoro indicato come responsabile delle analisi XRF, emergono figure estranee alla diagnostica: tra i nomi compare il presidente di un’associazione di rievocazione storica – che ha negato qualsiasi coinvolgimento operativo – e un tecnico dell’Università dell’Aquila, da cui l’ateneo ha ufficialmente preso le distanze. A oggi non è chiaro chi abbia realmente effettuato le misurazioni né chi abbia redatto la relazione. Le uniche analisi scientificamente fondate rimangono quelle del CNR-ASSING del 2005, che sollevavano già allora forti dubbi sull’autenticità della statua: tracce di pigmenti moderni, materiali anomali, alterazioni chimiche non compatibili con un manufatto arcaico, assenza di agenti atmosferici sulla superficie. Secondo l’inchiesta di Consorte, sostenuta anche da documenti storici come una lettera del padre gesuita Antonio Ferrua, il Guerriero di Capestrano sarebbe un falso realizzato negli anni ’30, in piena epoca fascista. Ora la palla passa al TAR di Pescara, che nell’udienza del 20 giugno dovrà valutare la sostituzione del Commissario ad acta e il comportamento del Ministero, accusato di non aver ottemperato all’obbligo di trasparenza e documentazione imposto dalla precedente sentenza.