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Da Antonio Di Bacco riceviamo e pubblichiamo
“Gentili Direttori,
lo scorso 15 aprile ho inviato una PEC al Prefetto dell’Aquila,
Giancarlo Di Vincenzo, e al Commissario Straordinario del Comune
di Sulmona, Ernesta D’Alessio. In vista delle celebrazioni del 25
aprile, nell’ottantesimo anniversario dalla data simbolo della
Liberazione, ho invitato i due rappresentanti istituzionali a non
dimenticare quanti combatterono, furono feriti o morirono, per la
patria, per la libertà, per la democrazia. Tutti, nessuno escluso.
Sono più di 30 anni, esattamente dal 1994, che coloro i quali, in
virtù del ruolo istituzionale rivestito pro-tempore (Sindaco,
Presidente del Consiglio Comunale, assessori, consiglieri, ecc.)
Sulmona dimenticano di inquadrare con esattezza e verità, da un
punto di vista storico, i fatti relativi alla cosiddetta liberazione di
Sulmona.
I primi ad arrivare a Sulmona, ormai abbandonata dai tedeschi in
ritirata verso il nord della penisola, nel giugno del 1944, furono 8
bersaglieri del C.I.L., vale a dire del Corpo Italiano di Liberazione, il
ricostituito Esercito Italiano, combattente al fianco dei nuovi
Alleati.
Tale “dimenticanza” non può più essere considerata frutto di mera
ignoranza storica, in quanto chi scrive, da ormai molti anni, si fa
carico di raccontare, attraverso carta stampata, video, interviste
alla radio e persino su TikTok, chi, quando, come e perché “liberò”
veramente Sulmona.
Già lo scorso anno inviai, sempre via PEC, la documentazione in
mio possesso, tanto al Sindaco quanto al Presidente del Consiglio
Comunale dell’epoca (quest’ultimo incontrato anche
personalmente). Non ottenni risposta alcuna.
Mi chiedo e vi chiedo: da quali fonti è stata tratta quella che è poi
diventata la versione ufficiale, ossia Sulmona liberata dalla Brigata
Maiella, come si legge su una targa in marmo, apposta nel 1994
nel cortile di Palazzo San Francesco?
Mi interesso tanto a questa vicenda della cosiddetta “liberazione”
di Sulmona in quanto sono figlio di Vittorio Di Bacco, uno di quegli
8 bersaglieri. Quindi non ci sono alla base ragioni di
contrapposizione o pregiudizio politico e ideologico, ma un
semplice amore di verità.
Non ho mai messo in discussione quello che è stato fatto dai
patrioti della Brigata Maiella durante la Guerra di Liberazione, ma
chiedo che si riservi un trattamento giusto e decoroso anche per
altri soggetti, dimenticati da tutti, persino nella loro città natale.
Sono stati scritti decine e decine di libri sugli eventi e sui
personaggi, piccoli e grandi che hanno visto Sulmona e i sulmonesi
coinvolti, spesso loro malgrado, durante la Seconda Guerra.
Eppure nessuno, tra gli storici e i ricercatori, si è preso la briga di
andare a vedere che cosa successe esattamente a Sulmona subito
dopo la ritirata dei tedeschi.
Per quanto mi riguarda, posso dire con assoluta certezza che
nessuna altra città in Italia è stata “liberata” da 2 suoi cittadini, con
addosso l’uniforme dell’Esercito Italiano che combattevano per
liberare l’Italia; Bersaglieri che venivano da altre battaglie e altri
fronti, l’ultimo dei quali quello di Montecassino. Quindi non
proprio una passeggiata di salute.
Subito dopo l’insediamento, chiederò al nuovo Sindaco di chiarire
il suo pensiero su questi avvenimenti del giugno del 1944 e su
quella targa, atteso che riporta una versione dei fatti non
coincidente con quanto risultante dalle mie fonti e dalla
documentazione in mio possesso.
La mia è una battaglia fatta per ristabilire la verità storica dei fatti;
per evitare di ricordare ed esaltare alcuni e dimenticarne tanti altri,
che furono protagonisti, con pari dignità di tutti gli altri
combattenti, “alleati” e italiani, delle vicende belliche e della
guerra di Liberazione dal 1943 al 1945″