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SULMONA – Entra nella fase decisiva il processo a carico di una coppia di coniugi sulmonesi, C.P. e A.S., finiti sotto la lente della magistratura per la famigerata truffa dei gratti e vinci. L’inchiesta fece molto scalpore in città e l’altro giorno, davanti al giudice monocratico del Tribunale di Sulmona Concetta Buccini, hanno sfilato tre testimoni citati dalla Procura della Repubblica. Si tratta del finanziere che si occupò delle indagini, del legale rappresentante della Lottomatica e del Vice Presidente dell’associazione tabaccai che aveva presentato un esposto alla Fiamme Gialle di Sulmona, facendo scattare l’attività investigativa. Stando al quadro accusatorio la coppia di esercenti grattava i biglietti quel tanto che bastava per metterli sotto al lettore ottico di Lottomatica che, abbinando la lettura al codice a barre del tagliando, ne rivelava la vincita o meno. Così quelli vincenti venivano incassati tutti da loro, in contanti per vincite inferiori a mille euro, e accreditate sul conto corrente per quelle superiori euro. L’operazione portò al sequestro di complessivi 178 biglietti “Gratta e vinci” e delle apparecchiature informatiche, alla revoca dell’autorizzazione alla vendita dei biglietti del concorso a premi da parte di Lottomatica. Nessuno, infatti, acquistando i biglietti si era accorto delle leggere abrasioni sulla pellicola protettiva delle zone da grattare. Tanto era la foga di scoprire un’eventuale vincita che gli ignari clienti non si erano accorti della truffa e avevano continuato a dare la colpa alla sfortuna, non sapendo che la dea bendata, stando all’accusa, era pilotata. I due esercenti, assistiti in giudizio dall’avvocato Alessandra Baldassarre, hanno rilasciato una versione completamente diversa dei fatti. Stando alla tesi difensiva la Lottomatica li avrebbe riforniti di biglietti che apparivano graffiati anche nella parte numerica. I due, però, non se ne sarebbero accorti, tanto da metterli in vendita, fino alla segnalazione di un cliente. Da lì, la comunicazione a Lottomatica per ritirare i biglietti abrasi. Nel frattempo, la voce dei tagliandi “contraffatti” si sarebbe sparsa e un esercente concorrente avrebbe sporto denuncia alla Finanza, fino al sequestro del plico. Da cui, però, non sarebbe emerso nulla di anomalo, secondo l’avvocato, e neppure dai conti correnti degli imputati, da cui «non è stata sequestrata alcuna somma». Una versione diversa dall’accusa, secondo cui venivano messi in vendita solo i tagliandi non vincenti e incassati gli altri. Insomma se quei biglietti erano taroccati o meno si scoprirà nella prossima udienza di settembre quando sfileranno davanti al giudice anche i sei testi della difesa, prima della discussione e della sentenza.

Andrea D’Aurelio

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