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SULMONA – Quello che era stato raccontato a tutti come una aggressione a sfondo razziale, per la quale aveva ricevuto attestati di solidarietà da mezza Italia, in realtà è stato un atto di autolesionismo compiuto in un momento di sconforto: è quanto emerge dalle indagini della polizia sull’episodio dello scorso 30 luglio che ha visto come protagonista il senegalese di 28 anni, ospite del centro di accoglienza di Pettorano sul Gizio e attivista dell’associazione Ubuntu. La Procura della Repubblica di Sulmona ha chiuso le indagini preliminari ma, al momento, non ha ancora presentato la richiesta di archiviazione del procedimento al giudice. Il fascicolo quindi resta aperto. Stando alla versione dei fatti, probabilmente si procederà con la richiesta di archiviazione e, contestualmente, con l’iscrizione nel registro degli indagati dello stesso senegalese per simulazione di reato. L’inchiesta quindi potrebbe subite altri risvolti. Il giovane richiedente asilo, riascoltato in un secondo momento dalla Squadra Anticrimine (coordinata dall’ispettore superiore Daniele L’Erario) del Commissariato di Sulmona ( diretto dal Vice Questore aggiunto Francesca La Chioma) ha ammesso di essersi procurato da solo la ferita alla gola per la quale poi era stato sottoposto a un lungo intervento chirurgico. All’epoca dei fatti il 28 enne aveva raccontato alla polizia di essere stato aggredito da due persone, malmenato e accoltellato e poi gettato in un fosso, dove avrebbe passato la notte privo di sensi; sempre in base al racconto il giorno dopo avrebbe raggiunto la struttura di Pettorano dove era ospitato e da lì sarebbe stato accompagnato in ospedale a Sulmona. Viste le gravi condizioni i medici ne avevano deciso il trasferimento prima all’ospedale di Avezzano e poi a quello di Pescara, dove venne operato. Bisognerà capire ora, vista la confessione del richiedente asilo, quali motivazioni si nascondo dietro l’estremo gesto. Il giovane è stato trasferito da qualche mese in uno Sprar all’Aquila.

Andrea D’Aurelio

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