
All’Aquila riapre un carcere minorile. Ma non è solo una questione di mura, celle e cancelli: dietro la riattivazione dell’Istituto penale per i minorenni c’è l’idea, ambiziosa, urgente, necessaria, che anche chi ha sbagliato debba avere una possibilità vera, concreta, per ripartire. Dopo anni di chiusura, la struttura è stata restituita alla città. Ristrutturata, rinnovata, trasformata in un luogo che vuole unire sicurezza e umanità. Qui troveranno posto inizialmente una trentina di ragazzi, tra minorenni e giovani adulti fino a 25 anni. Ragazzi che, in passato, erano costretti a scontare la pena lontano dalle famiglie, spesso fuori regione. Un isolamento geografico che diventava anche emotivo, sociale, umano. Il terremoto del 2009 aveva spezzato molte cose, tra cui anche la funzione rieducativa di questo carcere. Parte degli spazi era stata ceduta all’università. Oggi, grazie alla restituzione del bene al Ministero della Giustizia da parte dell’Agenzia del Demanio, quegli spazi tornano a parlare di reinserimento e di futuro.



Alla cerimonia di riapertura erano presenti numerose figure istituzionali: tra loro anche il capo del Dipartimento per la Giustizia minorile, il presidente della Regione Abruzzo, il sindaco dell’Aquila. Ma ciò che conta davvero è il messaggio che questa riapertura lancia al Paese: si può e si deve investire su una giustizia che non si limiti a punire, ma che sappia educare, ascoltare, accogliere. Il nuovo istituto dell’Aquila non sarà solo un luogo di detenzione. Sarà anche un centro di prima accoglienza, un presidio sanitario, un punto di partenza per percorsi scolastici, formativi, lavorativi. Un luogo dove si potrà ricostruire un’identità e provare a rientrare in società con strumenti nuovi. Si è parlato persino di intitolarlo a San Francesco d’Assisi, come simbolo di misericordia e rigore insieme. Un carcere che non si vergogna di parlare anche di speranza. Una struttura così, in un territorio come l’Abruzzo e il Molise – dove è l’unica – ha un valore enorme. Per i giovani detenuti, certo. Ma anche per la comunità intera. Perché la sicurezza vera nasce proprio da qui: dalla capacità di non perdere nessuno per strada. Anche chi ha sbagliato. Oggi, a L’Aquila, si ricomincia. Non con la retorica, ma con scelte concrete.









