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Recentemente l’ISPRA (Istituto superiore per la protezione e ricerca ambientale) ha presentato un interessante report sul consumo del suolo nella nostra regione.

Secondo il report, su un’estensione di 10.831 kmq presenta un’area a pericolosità frana di 1.678,2 kmq (15,5%, ben oltre la media nazionale ferma all’8,4%) e ha poi oltre il 90% di comuni interessati da aree a pericolosità da frana P3 e P4 e/o idraulica P2: di 305 comuni, ben 304 sono quelli a pericolosità frana elevata o molto elevata e pericolosità idraulica media. Fortunatamente nel 2019 si è costruito meno nelle aree naturali protette anche se dei 61,5 gli ettari di suolo compromesso, ben 10,3 ettari sono concentrati in Abruzzo.

Pesante l’occupazione delle coste, già cementificate per quasi un quarto della loro superficie: qui il consumo di suolo cresce con un’intensità 2-3 volte maggiore rispetto a quello che avviene nel resto del territorio.

L’anno precedente l’Abruzzo si classificava tra le regioni con la percentuale più alta mentre in collina segnava addirittura il primato nazionale.

Da questi dati emerge la necessità, da parte della Regione, di una politica urbanistica più attenta al bilancio tra variazioni qualitative degli usi del suolo oltre che quantitative, una maggiore manutenzione del territorio impedire che si edifichi negli alvei fluviali, recuperare e ampliare le zone di esondazione naturale dei fiumi per consentire un’adeguata gestione dei sempre più frequenti e improvvisi eventi di piena: Ma tutto questo può essere possibile solo attraverso una normativa urbanistica che disciplini l’uso del suolo.

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