
Il futuro dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli dell’Aquila è diventato il nuovo terreno di scontro politico nel capoluogo abruzzese. La riorganizzazione prevista dal Governo, che declasserebbe la sede aquilana a favore di Pescara, ha scatenato la dura reazione delle opposizioni in Consiglio comunale, decise a difendere un presidio ritenuto strategico per la città. Durante una conferenza stampa a Palazzo Margherita, le consigliere e i consiglieri Stefania Pezzopane, Simona Giannangeli, Paolo Romano, Lorenzo Rotellini e Gianni Padovani hanno chiesto al sindaco Pierluigi Biondi di intervenire con urgenza presso il Governo e la premier Meloni, sollecitando un decreto che sospenda la riforma. “Non possiamo accettare – hanno dichiarato – che L’Aquila, unico capoluogo di regione in Italia, venga penalizzata in questo modo. È in gioco non solo la tenuta dei posti di lavoro, ma anche il ruolo istituzionale e amministrativo della città”. L’opposizione accusa il sindaco e la maggioranza di immobilismo e di non aver dato seguito alle promesse fatte nel marzo 2024, quando Biondi e il senatore Liris avevano annunciato una soluzione imminente. Da allora, sottolineano, “solo silenzio e dichiarazioni di facciata”, mentre i sindacati hanno proclamato lo stato di agitazione e chiesto l’intervento del Prefetto. Il clima in Consiglio comunale si è acceso quando le opposizioni hanno esposto uno striscione con la scritta “Biondi, parlaci delle Dogane”. Il sindaco, visibilmente irritato, avrebbe reagito con toni aspri e polemici, attaccando esponenti del centrosinistra passato e presente. “Un atteggiamento inaccettabile – denunciano le opposizioni – che segna un ulteriore passo indietro nel rispetto delle istituzioni”. La seduta si è conclusa con l’abbandono dell’aula da parte di diversi consiglieri di maggioranza e la conseguente caduta del numero legale, lasciando in sospeso un tema che tocca direttamente il futuro amministrativo ed economico dell’Aquila. Per le opposizioni, la linea è chiara: “Il Governo deve fermarsi e ripensare la riforma. L’Aquila non può essere privata di un presidio che rappresenta non solo un punto di riferimento istituzionale, ma anche un simbolo del ruolo che il capoluogo deve mantenere in Abruzzo”.









