
La rievocazione del peccato originale della sindacatura Di Piero agita le acque e accende il dibattito politico. A tornare alla carica è l’ex consigliera comunale, Teresa Nannarone, con una nota che pubblichiamo. “Leggere e ascoltare certe ricostruzioni secondo le quali il Sindaco di Sulmona avv. Luca Tirabassi, ha fatto ieri quello che avrebbe dovuto fare Di Piero, mi fa capire che non si è nel solco dell’analisi politica giusta.
E se proprio si vuol parlare di quello che viene definito il peccato originale del 2021, dobbiamo cambiare prospettiva e rileggerei bene i fatti.
Gianfranco di Piero fu scelto sostanzialmente da un gruppo di riferimento di Franco La Civita, anzi da Franco La Civita stesso con i famosi “quattro amici al bar” come venne ricordato, senza alcuna smentita, alla presentazione della sua candidatura.
Molti, me compresa, erano ignari sia del bar che degli amici, ma si prese atto che ogni tentativo di dissentire sul nome del candidato -Di Piero, oltre ad essere stato assessore di La Civita e uomo di segreteria di Gerosolimo, nulla più in termini di sostanza politica- veniva respinto al mittente con minaccia di rotture.
La vittoria delle amministrative non era scontata, anzi.
E quando vittoria fu, coloro che si erano assicurati un eventuale futuro sindaco “malleabile”, lavorarono a distruggere i risultati delle urne per mettere ai posti “chiave” persone prone a perseguire obiettivi personalissimi di alcuni dei quattro amici: quindi il segretario PD bocciato alle urne diventa vicesindaco con delega ai lavori pubblici, si improvvisa la Presidenza del Consiglio, e la coppia Proietti-Di Rienzo, tanto voluta dallo stesso Di Piero, viene vissuta come il male assoluto. Della sottoscritta nemmeno a parlarne!!
E tutta la coalizione dietro ai pifferai magici a sostenere l’insostenibile, dimenticando le promesse e gli impegni presi.
Quindi il deus ex machina dell’operazione Di Piero, attraverso i soliti tirapiedi, riapparecchia il solito teatrino. Ovviamente chi si presta non è meno interessato: appalti mense, progetto caserma VVFF, costruzione a Roncisvalle e la stessa politica del Cogesa risentono dell’imprimatur degli amici del bar ridotti nel numero ma orientatissimi sugli obiettivi (loro) da perseguire.
Quindi Di Piero era volutamente, consapevolmente, ossequiosamente organico al progetto del suo mentore, tant’è che ne assecondava ogni disegno e desiderio.
Non mi sembra oggi stia accadendo la stessa cosa.
E tanto era finalizzato quel disegno, che la tutta la coalizione aveva addirittura accettato che a sostenerlo, persa la maggioranza, ci fosse proprio un uomo di Gerosolimo, ovvero Gianluca Petrella.
Quello stesso Gerosolimo che Di Piero incontrava a Roma prima delle elezioni all’ insaputa di quasi tutti, quello stesso Gerosolimo che lavorava subito a indebolire la coalizione intuendo gli errori macroscopici di un sindaco che se peccato originale ha avuto è stato quello di ignorare le indicazioni chiare degli elettori.
Perciò il paragone con il decreto di Tirabassi di revoca dell’assessore Pantaleo non c’entra nulla: perché di fatto Di Piero con il suo essere “pieghevole”, di decreti di espulsione dalla maggioranza ne aveva fatti tre, non uno, già il giorno dopo le elezioni. Anzi del primo turno.
Con la differenza che aveva espulso gli eletti più votati, ma invisi ai maneggioni, e si era fidato delle garanzie di Gerosolimo, arrivando al punto di votare il suo uomo di fiducia ad amministrare il Cogesa,
E quando Gerosolimo toglie la zeppa, Di Piero realizza che davvero la sua maggioranza che tanto aveva maciullato servendo La Civita di giorno e Gerosolimo di notte, non c’è più.
Ciononostante, anziché riaprire un dialogo, presta di nuovo ascolto a coloro che non avevano più interesse a preservare né lui né una ritrovata maggioranza, va allo scontro sui numeri e quindi a casa.
Chi racconta altro, seppur in buona fede, è in errore.
Chi ancora non vede che Di Piero era stato scelto, e purtroppo usato, per raggiungere fini propri e non della “polis”, non aiuta la Città a comprendere e a riemergere, perché se si vuole ripartire si deve fare pulizia delle narrazioni sbagliate. E soprattutto delle persone che a vario titolo ancora sversano le tossine del “sé”.
Amo troppo la “polis” per tacere, e mi scuso per certe verità scomode, ma ho una voce e non ho padroni.
Per il resto, non entro nelle scelte di un campo politico di centrodestra che non è mio e mai lo sarà.
La Città, invece, la sento anche un po’ mia, e credo sia giusto rispettarla anche attraverso un ricostruzione vera e non semplicemente suggestiva”









