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SULMONA – Per diversi anni, almeno sette, avrebbe svolto funzioni di coordinamento del personale, non riconosciute nella forma e nella sostanza dall’azienda sanitaria che la inquadrava in pianta organica con un livello inferiore, facendo risultare ben altro. Ora la Asl Avezzano-Sulmona-L’Aquila dovrà pagare un bel gruzzoletto, alla donna, operatrice sanitaria del reparto di ostetricia e ginecologia dell’ospedale di Sulmona, che ha intentato la causa di risarcimento nei confronti dell’azienda. Dal 2015 ad oggi la donna avrebbe svolto di fatto funzioni di caposala, occupandosi di coordinare il personale del reparto. Ma la Asl quelle mansioni superiori non le ha mai riconosciute in termini di retribuzione poiché, secondo l’azienda, non spettanti. Il Tribunale ha dato ragione all’operatrice sanitaria che ha chiamato in causa il giudice del lavoro e della previdenza per vedersi riconosciuti i propri diritti. La Asl è stata infatti condannata a pagare la somma di 7488, 38 euro a titolo di differenze retributive oltre alla refusione delle spese di lite. Un’analoga “disavventura” è capitata ad un’altra caposala, che presta servizio sempre all’interno del presidio ospedaliero peligno. La donna è stata assistita in giudizio dall’avvocato dle foro di Sulmona, Enrico Tedeschi, legale della Cgil. (a.d’.a)

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