
Ogni estate porta con sé immagini di spiagge affollate, ombrelloni colorati, mare cristallino. Ma tra i granelli di sabbia e i riflessi del sole, c’è un nemico silenzioso e invasivo: le rafie sintetiche, fibre plastiche impiegate in ombrelloni e strutture da spiaggia, che si stanno rivelando una minaccia concreta per l’ambiente marino. Ogni fine stagione, le nostre coste si trasformano in discariche invisibili, disseminate di filamenti di plastica staccatisi dagli ombreggi deteriorati dal sole e dal vento. Sono miliardi, e si incuneano tra la vegetazione dunale, galleggiano in acqua o finiscono polverizzati nei fondali. Sono microplastiche: particelle inferiori ai 5 mm, quasi invisibili ma altamente inquinanti, capaci di entrare nella catena alimentare e, infine, anche nei nostri piatti. “È una vera e propria invasione del nostro mare e delle nostre spiagge, fatta di materiale pervasivo e nocivo”, denuncia la consigliera comunale Simona Barba (AVS-Radici in Comune), che da mesi porta avanti una battaglia per vietare l’uso della rafia sintetica negli stabilimenti balneari. Le rafie si sfaldano, si polverizzano e si trasformano in rifiuti plastici persistenti, impossibili da bonificare. A differenza dei rifiuti visibili, queste microfibre sfuggono anche agli occhi più attenti, ma non ai pesci che le ingeriscono scambiandole per plancton. Le conseguenze? Danni agli organi interni degli animali marini, contaminazione della catena alimentare e rischi ancora poco studiati per la salute umana. Pescara, che da cinque anni ottiene la Bandiera Blu – riconoscimento internazionale alla qualità ambientale delle spiagge – sembra vivere un paradosso. Mentre le ordinanze regionali e il “Protocollo di sostenibilità per il litorale abruzzese” raccomandano l’uso di materiali naturali ed ecocompatibili, gli ombreggi in rafia plastica aumentano invece che diminuire: da 17 stabilimenti nel 2023 a 31 nel 2024, secondo i dati portati in Commissione Ambiente dall’associazione Ombra Verde. “Le ordinanze sono chiare, ma se nessuno le rispetta e nessuno le fa rispettare, restano solo parole”, commenta amaramente Barba. Nel settembre 2024, la consigliera ha presentato una mozione per escludere esplicitamente l’uso di rafia sintetica dal Piano demaniale comunale. Una richiesta precisa, coerente con gli obiettivi di tutela ambientale. Ma la risposta è stata un secco “no”: la maggioranza del Consiglio comunale ha bocciato la proposta all’unanimità. Una scelta che mette in discussione la coerenza stessa dell’impegno ecologico della città: “Green Deal, Bandiera Blu, parole vuote se poi non si ha il coraggio di vietare ciò che sappiamo essere dannoso”, afferma Barba. “Le rafie sono rifiuti pericolosi, che andrebbero vietati subito. Ogni giorno che passa è un giorno in cui continuiamo a inquinare.” In attesa di regolamenti più stringenti, qualcosa però si può fare subito: scegliere. Come consumatori e bagnanti, abbiamo il diritto di chiedere stabilimenti che utilizzino coperture in materiali naturali come tela o cannucciato. La plastica sopra la testa non è un comfort, ma un rischio invisibile. “La spiaggia dovrebbe essere fatta di sabbia e conchiglie, non di plastica triturata dal vento. Se il cliente ha sempre ragione, usiamola questa ragione, per pretendere pulizia e rispetto”, conclude Barba. Il tema delle rafie sintetiche è un esempio concreto di come scelte estetiche o economiche possano avere ricadute ambientali drammatiche. E mostra quanto sia urgente una vera svolta culturale: non bastano premi o certificazioni, serve una politica coraggiosa e una cittadinanza consapevole, capace di dire “basta” a ciò che nuoce, anche se è sotto il nostro stesso ombrellone.