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Mauro Nardella. Segretario regionale Uil Pa riporta pubblicamente la testimonianza di due agenti di polizia penitenziaria del carcere di massima sicurezza di Sulmona impegnati in turni massacranti: sono Claudio, uno dei responsabili del reparto colloqui. Un reparto nevralgico e strategico visto che, assicurando i contatti tra i detenuti ed i familiari, permette a tutti di vivere in maniera relativamente più serena il momento drammatico nel quale siamo piombati. Roberto, invece, è uno dei tanti che insieme a Claudio sta vivendo il suo “dramma” all’interno dei reparti detentivi “aggrediti” dal coronavirus.

Questa la lettera: “Mauro ciao…vorrei raccontarti quello che ho vissuto oggi durante il mio turno di servizio in sezione… Quello che mi ha subito fatto più impressione è che già dal primo giorno, mettendoti quel tipo di vestiario, si suda…la sotto, credimi, si suda in maniera impressionante! Dopo il primo giorno passato con la tuta che copriva l’uniforme intera, ho dovuto, nel turno successivo, togliermi necessariamente la giacca perché ho capito che per otto ore non ci puoi stare sotto un velo di plastica del genere e che ti annienta la dignità.

In sezione vai avanti e indietro come un automa. Qui diventa quasi impossibile andare a mangiare…figurarsi fare i bisogni!!!…Quella si che diventa un’impresa!!! Sono tornato a casa stasera che erano le cinque e mezza. Dopo una giornata di lavoro di 12 ore con la tuta bianca addosso, in mezzo ai positivi, finalmente a casa. Sono sfinito ma soddisfatto di aver reso la vita meno difficile agli altri colleghi. Rientro a casa preoccupato del fatto che debbo necessariamente e mestamente mettere in guardia invitandoli a stare lontano da me. Ora, dopo essermi fatto un’oretta e mezza di sonno, mi sto accingendo a ripartire per andare a fare la notte. Non sopporto più la puzza di gomma dei guanti sulle mie mani, perché per otto ore, portare 2 paia di guanti dei quali uno sotto l’altro, dopo aver fatto scorrere la manica della tuta, metterlo sopra stando molto attento a farlo adagiare sulla manica della tuta perché altrimenti si rischia che il virus penetri utilizzando lo spazio che si apre in prossimità del polso. L’infermiera, poi, mi ha dovuto mettere del nastro isolante intorno ai polsi perché la tuta se ne usciva fuori. Questa ahimè è un’operazione che devi ripetere spesso. Ogni tanto, infatti, i guanti li dovevo cambiare ei a ripetere l’operazione col nastro isolante. Certe volte, con il fatto che devi necessariamente fare uso della mascherina, ti senti davvero soffocare… Mauro, credimi, ( e gli credo ovviamente perché so cosa si prova) portare per otto ore la mascherina è davvero una tortura. Poi, come ti dicevo, quando devi andare al bagno diventa un’impresa. Ti devi sanificare, ti devi togliere la tuta. Se consideri poi che oltre alla cerniera davanti hai anche la parte adesiva da dover staccare capisci che ti diventa tutto molto più complicato ( quasi a dire che portare i pannoloni forse sarebbe meglio). Un’altra cosa brutta che ti capita è che sotto una tuta del genere perdi l’identità.

I colleghi non ti riconoscono, non sai chi sei! Comunque la cosa più odiosa è il sudore che ti cola addosso e che trasforma i panni che porti in spugne inzuppate! Non ti dico poi quando torni a casa. I figli, la moglie e i parenti, tutti ti guardano con apprensione e preoccupazione. Tolgo i vestiti che porto addosso e li metto subito a lavare. Per fortuna ho due o tre divise( raro che ciò rappresenti una politica generalizzata visto che l’amministrazione ti lascia solo con un capo e spesso, seppur usurato, neanche te lo cambia) che ovviamente cambio e sanifico continuamente. Penso a mia moglie costretta anch’essa a fare gli straordinari e mi preoccupo per lei perché per quanto accurato io possa essere nel fare le cose ho sempre paura che qualcosa possa sfuggire. Portare la divisa in lavanderia infatti è impossibile. Vuoi perché non ti consentono di averla subito, vuoi perché può essere pericoloso perché rischi di portare il virus anche la e vuoi soprattutto perché mi costerebbe un patrimonio. Sai cosa significherebbe per noi se ogni giorno dovessimo spendere 20 euro per pagare il servizio prestato dalla lavanderia?.

Mauro non è assolutamente facile gestirsi, la situazione è davvero complicata. Non è facile per noi, non è facile per chi comanda ( il mio pensiero torna a Sarah Brunetti il dirigente penitenziario che oltre ad essere comandante è mamma premurosa oltre che coraggiosa). Dall’esterno uno chissà cosa vede ma quando ti ci trovi dentro diventa tutto maledettamente più complicato. Hai paura. hai timore, ti giri attorno per vedere se la tuta è integra o se è strappata, Mauro credimi…ho davvero molta paura!”.

Dopo questa testimonianza mi chiedo dove sono i nostri dirigenti regionali e nazionali dove sono?

Perché non hanno ancora accolto le nostre richieste? Staremmo a raccontare altro se la conversione della sezione collaboratori fosse stata fatta. L’augurio che tutti ci facciamo è che il DAP si ravveda, faccia subito qualcosa e non ci lasci più soli in questa battaglia. Gli uomini della polizia penitenziaria di Sulmona, il comandante e il direttore non meritano questo. Ora scusate devo andare…mi devo preparare anche io alla “tortura quotidiana”…un altro turno in ospedale, ovvero un’altra “battaglia” di questa guerra che sembra non avere mai fine, mi aspetta! F.to

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