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SULMONA – Nella bara la palla ovale e il saio rosso. Lo sport e il coro del Miserere, due simboli e capisaldi dell’esistenza di Gianni Mastrangioli, che sono emersi nel corso del rito funebre celebrato nel pomeriggio nella Chiesa di San Giovanni da Capestrano. In tanti si sono radunati in Chiesa per l’ultimo saluto al 51 enne di Sulmona morto nella notte tra sabato e domenica sull’autostrada A 25, all’altezza della galleria di Cocullo, per un’aritmia cardiaca mentre era alla guida dell’auto e viaggiava con un giovane di Sulmona. Oggi in quella Chiesa piena di amici, soprattutto del Sulmona Rubgy con il Presidente Mauro Ranalli e dell’Ariconfraternita della Santissima Trinità, tutte le ipotesi hanno lasciato spazio al ricordo e alla commemorazione perché Gianni va ricordato per bene. Un sulmonese doc, la bontà fatta persona, nell’apparenza un po’ burbera e rude, ma che “ha saputo donarsi e vivere nella carità come Cristo ci ha insegnato”, per dirla con le parole del parroco, don Lorenzo Conti, che ha officiato le esequie. Un rito segnato dal dolore e dalle lacrime, soprattutto quelle strazianti della madre e del fratello Stefano, dipendente dell’Agenzia di Promozione Culturale che ha ricevuto al termine della funzione il cordoglio di amici e conoscenti, anche del gruppo del ’69 che ha ricordato il coetaneo scomparso. Per Gianni un lungo applauso, giusto il tempo di immaginare anche una meta in paradiso, visto che il rugby è uno sport faticoso, tempra il carattere ma la palla si passa di mano in mano e non si corre mai da soli. Anche nel momento dell’ultima corsa. Anzi. Dell’ultimo viaggio bruscamente interrotto in autostrada.

Andrea D’Aurelio

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