
Associazione a delinquere, falso, favoreggiamento all’immigrazione clandestina, evasione fiscale e truffa aggravata. Queste le accuse, a vario titolo, che il sostituto procuratore della repubblica di Sulmona, Stefano Iafolla, contesta a S.D.C., 60 anni di Pratola Peligna, D.M., 59enne di Popoli, M.D.G., 67enne di Pratola Peligna, M.T., 69enne di Roccacasale e B.D., macedone di 59 anni. Per loro il pm ha chiesto il processo, al termine delle indagini preliminari e il gup del Tribunale di Sulmona, Alessandra De Marco ha fissato l’udienza per il prossimo 3 aprile. L’inchiesta, condotta dalla guardia di finanza, era in realtà partita già dal 2015 quando, nel corso dei controlli a tappeto per la ricostruzione post-sisma, le fiamme gialle avevano scoperto a carico di tre ditte di Popoli, sospetti movimenti di persone e denaro. Il sodalizio messo in piedi dagli imputati aveva consentito l’ingresso e la permanenza illecita sul suolo italiano di circa 500 extracomunitari, causando un danno alle casse dell’Erario di oltre 3 milioni di euro. Il sistema, sempre secondo l’accusa, prevedeva dietro pagamento in contanti, il rilascio di documentazione fittizia che serviva per giustificare assunzioni, distacchi e licenziamenti del personale, con tanto di tariffario che per una busta paga si aggirava tra i 20 ed i 30 euro fino ai 500 di una finta assunzione, senza pagare successivamente i contributi all’Erario. Ad insospettire gli inquirenti il fatto che dal 2012 al 2014 le aziende, pur non avendo mai acquistato materiale edile, né mezzi, avevano di contro registrato un aumento esponenziale dei suoi dipendenti, divenuti centinaia nel giro di pochi anni e ai quali, tra l’altro, la società non avrebbe mai versato i contributi. Operai fantasma, in pratica, che esistevano solo sulla carta e che grazie alle finte assunzioni accedevano anche a tutti i benefici previsti dalla legge. L’inchiesta dalla procura della repubblica di Pescara si è spostata poi a Sulmona per ragioni di competenza territoriale dal momento che, nel sodalizio, faceva parte una professionista del posto, poi deceduto. Da qui la trafila delle indagini che ha portato la procura a chiedere il processo per i cinque. Al giudice il compito di stabilire se le accuse sono solide per essere sostenute in giudizio. Gli avvocati difensori, Alessandro Margiotta e Angelo Pace, respingono tutte le accuse per conto dei loro assistiti