
Il giudice per le udienze preliminari del Tribunale di Sulmona, Alessandra De Marco, ha rinviato a giudizio M.D.M., l’imprenditore originario di Ceccano (nel frusinate) ma residente a Sulmona, accusato di omicidio colposo per la morte di Ousmana Kourouma, il pastore 23enne della Guinea, che era stato rinvenuto senza vita nel novembre 2019, in un’azienda agricola di Goriano Sicoli. La vicenda aveva scosso la comunità della Valle Subequana. Il 23enne aveva trovato rifugio in una pertinenza dell’azienda e aveva acceso un braciere di fortuna per riscaldarsi durante la notte. Secondo il medico legale, Luigi Miccolis, che aveva effettuato l’autopsia, Ousmana è deceduto per intossicazione da monossido di carbonio, ovvero per le esalazioni di quel braciere che aveva acceso per trovare riparo dal freddo. Secondo la procura, che aveva aperto un’inchiesta, indagando il datore di lavoro, il giovane pastore non solo alloggiava in una casa senza riscaldamento, ma a sua disposizione non aveva neanche una coperta per ripararsi dal freddo. All’imprenditore 50enne la procura ha contestato di aver provocato la morte del 23 enne per colpa, per “non aver garantito al giovane immigrato tutte le tutele di sussistenza richieste”. Inizialmente era stato ipotizzato anche il caporalato, ovvero lo sfruttamento delle condizioni di lavoro. Il 50enne si era subito difeso, spiegando che la struttura “era regolarmente assicurata ed i luoghi di lavoro erano organizzati nel rispetto delle norme vigenti in materia di sicurezza” con le stanze in azienda “dotate di ogni utenza, quindi di impianto idrico e termico elettrico, di bagno e di cucina a gas”. Il contratto di lavoro non prevedeva l’obbligo del datore di lavoro di fornire alloggio al lavoratore. La procura, al termine delle indagini preliminari, aveva comunque deciso di chiedere il processo a carico del 50enne. Richiesta accolta dal gup che ha ritenuto le accuse solide per essere sostenute in giudizio. Prima udienza fissata per il 2 ottobre.