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La pastorizia abruzzese rischia di essere condannata dal Piano strategico nazionale della nuova politica agricola comune, con un arretramento definitivo e sotto accusa finisce l’attuale ministro delle Politiche agricole e forestali Stefano Patuanelli. Grande accusatore è Nunzio Marcelli, imprenditore di Anversa degli Abruzzi, conosciuto ben oltre i confini regionali. Laureato in Economia, pastore per passione da quasi cinquant’anni, titolare del bio-agriturismo La Porta dei Parchi, nel piccolo centro della Valle Sagittario, Marcelli è presidente di Rete Appia, la rete italiana della pastorizia, che promuove, tra le altre cose, un dibattito sulla conservazione dei paesaggi pastorali e del loro portato culturale, ambientale ed ecologico, sul rilancio dell’allevamento estensivo e della pastorizia nella gestione e manutenzione del territorio rurale. In passato è stato anche consulente del Ministero delle politiche agricole. Marcelli ora punta l’attenzione sul Piano strategico nazionale 2023-2027 per l’attuazione e il coordinamento dei programmi della nuova Pac del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, che verrà discusso con la Commissione europea presumibilmente il mese prossimo. Il Piano del governo Draghi mette in campo una strategia unitaria, avvalendosi di strumenti tra i quali spicca il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), con un investimento di 10 miliardi di euro. L’imprenditore anversano denuncia come da qualche decennio le politiche agricole nazionali siano decise e gestite da una sorta di “cupola” che stabilisce provvedimenti comunitari destinandoli a beneficio di taluni settori e a danno di altri, con logiche che penalizzano la pastorizia. Uno di questi comparti, che risultano penalizzati, sarebbe la zootecnia nel Meridione, che, secondo Marcelli, è stata pregiudicata dall’invasione di titoli per l’acquisizione di terreni in affitto che hanno estromesso di fatto i piccoli allevatori. L’ennesima denuncia anche sulla mafia dei pascoli: grandi aziende provenienti da fuori regione che occupano vaste aree di terreni con il solo scopo di accedere ai fondi europei, pur senza garantire l’effettiva attività di pascolo degli animali.“Nel piano strategico nazionale si registra una forte riduzione dei contributi verso chi svolge attività pastorale ovina, a vantaggio di una zootecnia prevalentemente bovina da carne gestita, proprio grazie ai titoli, prevalentemente da grandi aziende”, spiega Marcelli, già docente e vice preside presso l’Istituto alberghiero di Roccaraso. Marcelli già in altre occasioni, tavoli istituzionali e convegni, ha denunciato le penalizzazioni, che finiscono per essere una condanna senza appello, a danno della pastorizia.“In rappresentanza del settore pastorale siamo stati invitati ad un tavolo di consultazione dove abbiamo denunciato le ripercussioni sulla zootecnia ovina e caprina locale che, nell’ambito del cosiddetto eco-schema, ha un valore prezioso per la tutela ambientale. La fetta maggiore di contributi, in pratica, va agli allevamenti di bovini, quelli da carne, lasciati allo stato brado” ricorda Marcelli. “Patuanelli ci sta buttando a mare senza darci strumenti di salvataggio”, conclude Marcelli, pronto comunque a portare avanti la sua battaglia per la salvaguardia di un settore simbolo della regione dei parchi.

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