
Un allarme che arriva dal territorio e che chiede risposte chiare. Il dottor Gian Carlo Bosio, veterinario con lunga esperienza nella fauna selvatica e socio dell’Ente Nazionale della Cinofilia Italiana (Enci), ha inviato una lettera aperta alla Presidenza e al Consiglio Direttivo dell’ente denunciando la crescente predazione dei lupi ai danni dei cani – da lavoro, da caccia, da pastore e perfino da compagnia – in diverse regioni italiane, con particolare riferimento all’Emilia-Romagna. Bosio parla di “migliaia di casi documentati e segnalati alle autorità” e accusa l’Enci di non aver ancora assunto una posizione ufficiale: “È inaccettabile che continui la strage silenziosa di cani senza che l’ente preposto alla loro tutela si faccia portavoce della gravità della situazione presso le istituzioni”. Tra le richieste avanzate al vertice dell’Enci:
- un comunicato pubblico che riconosca l’emergenza;
- l’apertura di un tavolo di confronto con Ministero dell’Agricoltura, Regioni, Ispra, forze dell’ordine e associazioni;
- un censimento ufficiale delle predazioni, attraverso le delegazioni territoriali;
- campagne di informazione e prevenzione per i proprietari di cani.
Bosio conclude la sua lettera con parole dure: “L’inerzia equivale a complicità silenziosa. I cani meritano protezione, e la protezione inizia dal coraggio istituzionale di affrontare il tema con serietà”.
Le critiche delle associazioni
La vicenda si inserisce in un quadro già controverso. L’Associazione Nazionale per la Tutela dell’Ambiente e della Vita Rurali ha puntato il dito contro l’Enci, ricordando che si tratta di un ente di diritto privato con entrate annuali superiori ai 10 milioni di euro, e accusandolo di scelte contraddittorie: ad esempio, il sostegno economico (oltre 500.000 euro) al programma televisivo “Dalla parte degli animali” dell’on. Michela Vittoria Brambilla, contraria alla caccia, nonostante gran parte delle razze tutelate dall’Enci siano da sempre legate al mondo venatorio. L’associazione solleva poi un tema ancora più delicato: quello della selezione genetica di razze canine che, a loro dire, ha prodotto animali con caratteristiche estetiche esasperate ma spesso a discapito della salute (bulldog, carlini, bassethound, pastori tedeschi da show). Una pratica che, secondo i critici, contraddice lo stesso Codice Etico dell’allevatore Enci, che impone la riproduzione solo di cani sani e privi di patologie ereditarie.
La richiesta di verifiche
Alla luce di questi elementi, l’associazione auspica un intervento del Ministero competente affinché siano svolti controlli approfonditi sull’attività dell’Enci: “Il benessere degli animali è riconosciuto dalla Costituzione come interesse pubblico – scrivono –. Per questo serve maggiore chiarezza e responsabilità da parte di chi si presenta come garante della cinofilia nazionale”. Il caso resta aperto e rilancia un dibattito complesso: come garantire la convivenza tra fauna selvatica e cani, senza trascurare il benessere degli animali e la coerenza di un sistema che dovrebbe tutelarli davvero?








