
Disporre nuove indagini e far emergere la verità. E’ quanto chiedono alcuni degli 11 poliziotti della Stradale di Pratola Peligna che si sono opposti alla loro richiesta di archiviazione, presentata dal sostituto procuratore della Repubblica di Sulmona, Edoardo Mariotti, per la vicenda dei proiettili in busta. Gli agenti, nell’opposizione presentata, chiedono al giudice per le indagini preliminari di andare avanti con gli accertamenti per scoprire gli autori delle minacce. Gli undici erano finiti sotto inchiesta anche per minaccia aggravata, dopo che a due loro colleghi che avevano indagato sui presunti sonnellini durante gli orari di lavoro, erano state recapitate a casa due buste da lettera con dentro due proiettili calibro 9 da guerra, di quelli cioè in dotazione proprio alla polizia, e una scritta esplicita: “Questo basta”. Dopo il grave episodio la procura dispose la perquisizione a carico degli undici colleghi poliziotti che erano indagati nell’inchiesta madre, ritenendo evidentemente che potesse esserci un collegamento con la minaccia spedita a casa dei due inquirenti. Le perquisizioni, fatte sia a casa, sia negli uffici degli indagati, e che aveva suscitato la protesta dei coinvolti, avevano però avuto esito negativo. Per questo la Procura, al termine delle indagini preliminari, aveva chiesto al gip di scagionare tutti i poliziotti indagati per “assenza di elementi probatori” a loro carico e perché non ci sono nei confronti degli stessi ragionevoli previsioni di condanna. Tuttavia, entro i termini stabiliti dalla legge, gli agenti indagati sono andati oltre e non si sono accontentati della richiesta del pm. Per gli undici, come si evince dall’opposizione, “non si può archiviare e basta ma bisogna far emergere la verità e scoprire chi è stato”. La decisione di opporsi alla loro stessa archiviazione nasce da un sentimento condiviso, “non lasciar passare sotto silenzio l’impatto umano, professionale e reputazionale subito da chi si è trovato coinvolto in un’indagine tanto delicato quanto dolorosa”. Per gli agenti “l’opposizione non è solo un atto processuale, ma un gesto di dignità, responsabilità e richiesta di giustizia, volto a evitare che un atto intimidatorio così grave- come l’invio di munizioni con possibili intenti minatori- venga lasciato senza colpevoli”. La Procura, ad aprile dello scorso anno, aveva iscritto nel fascicolo solo 11 dei 19 indagati nel filone principale d’inchiesta per truffa, furto, falso, peculato, omissione d’atti d’ufficio e omissioni di soccorso. Le buste con i proiettili erano state recapitate senza affrancatura, nonostante erano state portate regolarmente dal postino, almeno nel caso di uno dei due inquirenti che aveva filmato la consegna della postina, la quale aveva spiegato di aver solo consegnato quanto ritirato dall’ufficio postale di Tocco da Casauria a cui fa riferimento la posta in uscita per Popoli. Sviluppi dell’inchiesta sono attesi anche a breve con il gip chiamato a fissare l’udienza.









