
“Devo confessare che al momento sto vivendo una fase di sereno distacco dalle vicende politiche e amministrative della Città e che avverto un moto interiore di disagio e fastidio nel leggere gli strali provenienti da Teresa Nannarone, ovviamente menzogneri ed intrisi del livore, della malizia e della capacità mistificatoria cui mi stavo, a questo punto illusoriamente, disabituando.
Si tratta probabilmente dell’estremo tentativo, da parte della Nostra, di riemergere dalla marginalità dell’oblio, nel tentativo di affrancarsi dalla irreversibile condizione di damnatio memoriaecui si è auto condannata.
Mutuando il linguaggio del calcio, si direbbe un chiaro e inequivoco fallo di frustrazione, dopo avere perseguito, congetturato e determinato, con il suo libero arbitrio e in concorso con altri, la fine dell’amministrazione comunale che ho avuto l’onore e l’onere di guidare.
Sono perfettamente consapevole di avere commesso degli errori nell’esercizio del mandato amministrativo e ho avuto modo di riconoscerlo pubblicamente in più di un’occasione (in primis, quello di aver prestato fede alle promesse solenni di persone che non meritavano fiducia) ma ho tentato, per quanto possibile, un equilibrio politico mirato ad evitare la disgregazione di una coalizione che ha registrato un’esperienza difficile e travagliata, fino al noto epilogo.
Ho accettato la candidatura dopo alcune esitazioni e molte sollecitazioni, compresa quella della Nannarone e sulla scorta di un chiaro e circostanziato documento politico che annoverava numerose sottoscrizioni da parte di rappresentanti di diverse formazioni politiche e realtà associative, compresa la firma, addirittura quale prima aderente (se la memoria non m’inganna), di Teresa Nannarone.
Altro che “quattro amici al bar”!
Ho condotto una campagna elettorale all’insegna della massima correttezza nei confronti dei singoli e delle formazioni politiche, evitando accuratamente di stipulare patti segreti e promesse di incarichi e posso ribadire, con certezza assoluta, che allorquando, anche in sede pubblica, ho sfidato chiunque a dimostrare il contrario, ho incassato soltanto silenzi, in taluni casi un po’ imbarazzati.
Con il risultato personale ottenuto, di gran lunga superiore ai voti riportati dalle liste elettorali, avrei potuto agire arbitrariamente ed egoisticamente ma ho anteposto il bene della Città ai miei personali destini e costituisce circostanza di fatto, per altro a tutti nota, che la coalizione ha cominciato a sfaldarsi all’indomani delle elezioni, a causa dell’emergere di aspri personalismi, collegati alla rivendicazione della poltrona di presidente del consiglio comunale.
Le lamentazioni si sono presto trasformate in reiterate giaculatorie, esitate in un rancore sordo ed inconsolabile, che ha segnato il cammino e il futuro dell’amministrazione.
Ma questa è acqua passata e, francamente, non è al centro dei miei pensieri, delle mie riflessioni e, soprattutto, delle mie occupazioni.
Ciò che mi sorprende non poco, invece, con un misto di ilarità e di preoccupazione, è l’eterna, rituale e riemergente ossessione che accompagna la vita di Teresa Nannarone.
Può stare serena, non mi avventurerò in analisi politiche né, non avendone alcun titolo, in considerazioni di carattere clinico. Del resto, in Città ci conosciamo tutti e tutti conoscono i pregi e i difetti di ognuno.
Così come molti sanno dei miei ripetuti successi elettorali,riscossi sin da quando avevo poco più di venti anni e che mi hanno portato a ricoprire ruoli amministrativi in virtù del consenso ricevuto dal popolo sovrano.
Mi pare, di contro, a proposito di “sostanza politica”, che Teresa Nannarone, oltre ad una comparsata quale consigliere delComune di Bugnara, abbia centrato la sua unica elezione solo in occasione della mia candidatura a sindaco e, soprattutto, anche in virtù del sostegno elettorale dei tanto vituperati Franco La Civita e Mimmo Di Benedetto.
Sono stato e sono amico di Franco La Civita, ho ricoperto il ruolo di assessore in occasione della sindacatura dell’amico Lando Sciuba e non ho mai rinnegato i pregressi rapporti con Andrea Gerosolimo, dal quale ho inteso separare la strada e i destini politici nel 2017.
Teresa Nannarone, invece, che non ha mai lesinato giudizi al vetriolo e considerazioni irripetibili nei confronti di Gerosolimo, d’intesa con l’ex assessore regionale, ha promosso l’iniziativa delle dimissioni contestuali al fine di far cadere l’Amministrazione.
La Nannarone è libera di abbandonarsi al delirio, così come è libera, con tentativi di mistificazione e distrazione, di cercare di togliere le castagne dal fuoco all’amministrazione di centro–destra ma una cosa non le è consentita: fare illazioni, velate o non, sull’onorabilità e la trasparenza della mia persona, sia in ambito pubblico che in ambito privato.
Chiunque mi conosce, anche se a me politicamente ostile, non si può permettere di mettere in discussione la mia correttezza etica e il senso cristallino di legalità, soprattutto in ambito istituzionale.
Questo segna un limite di demarcazione invalicabile ed è una grossolana volgarità utilizzare strumentalmente le vicende politiche attuali per gettare fango sulla mia persona.
Se non avessi avuto la sventura di imbattermi nella Nannarone e di acquisire sufficienti elementi di conoscenza del personaggio, ascriverei quest’ennesimo attacco ad un tentativo maldestro, mail metodo costante di denigrazione e delegittimazione delle persone, indulgendo talvolta a malvagità gratuite, si iscrive ampiamente nelle caratteristiche del soggetto e appare fin troppo evidente il tentativo di risollevarsi dalla condizione di isolamento determinata dalla marginalità politica.
Sia chiaro il mio intento: poiché ho cose molto più utili e gratificanti di cui occuparmi, non mi presterò, nel corso della mia esistenza presente e futura, ad iniziative strumentali mirate alla spasmodica ricerca di un ruolo politico da parte di personaggi in cerca d’autore né a tentativi di dare voce a soggetti della politica cittadina destinati all’irrilevanza.
Il politico si misura con il consenso della polis e, da osservatore disincantato, saprò trarre le debite considerazioni.”
Gianfranco Di Piero









