

A Cocullo si rinnova una delle tradizioni più affascinanti e singolari d’Italia. In questi giorni, i “serpari” hanno già catturato i primi tre esemplari di serpenti, destinati a sfilare insieme alla statua di San Domenico Abate, protettore contro i morsi degli animali velenosi. “Abbiamo trovato tre esemplari – spiegano – e dopo la festa li rilasceremo nello stesso luogo in cui li abbiamo catturati, come da tradizione”. Il rituale della cattura continua nelle settimane che precedono l’evento. In genere si raccolgono fino a 150 rettili “L’età dei serpenti è difficile da stabilire con precisione – raccontano i serpari – ma ciò che conta è il rispetto con cui vengono trattati. Nessun animale viene maltrattato o tenuto in cattività oltre il tempo necessario”. La Festa di San Domenico, in programma come da tradizione il 1° maggio, prevede un ricco programma Il momento più atteso è senza dubbio la messa solenne, celebrata dal vescovo Mons. Michle Fusco, seguita dalla suggestiva processione per le vie del borgo, durante la quale la statua del santo viene portata a spalla e avvolta dai serpenti, simbolo di protezione e devozione. L’edizione di quest’anno prevede anche un concerto lirico di Katia Ricciarelli, che si esibirà per i tanti fedeli e visitatori attesi da ogni parte d’Abruzzo e d’Italia. In programma anche un corteo storico in costume, che arricchirà ulteriormente l’atmosfera con rievocazioni e musiche della tradizione. La Festa dei Serpari di Cocullo è da anni candidata a Patrimonio Immateriale dell’Umanità Unesco, proprio per la sua unicità nel panorama delle tradizioni popolari europee. La tradizione narra che il Santo, cavandosi il dente e donandolo alla popolazione prima di andare via da Cocullo, fece scaturire una fede che andò a soppiantare il culto pagano della Dea Angizia, protettrice dai veleni, tra cui quello dei serpenti. A questa dea venivano offerte, all’inizio della primavera, delle serpi come atti propiziatori. La ricerca e cattura dei serpenti da parte di persone esperte, dette localmente “serpari” i quali osservano le stesse tecniche dei loro antenati.