
Sarebbe stata rimproverata per aver indossato in servizio un capo di vestiario diverso rispetto a quanto previsto dal regolamento e cioè non utilizzando scarpe che il decreto ministeriale prevede in materia di corretto utilizzo dell’uniforme. È quanto accaduto nei giorni scorsi ad una poliziotta penitenziaria in servizio nel carcere di massima sicurezza di Sulmona dove scoppia la polemica. Secondo quanto riferito, la donna sarebbe stata redarguita per aver indossato un capo di vestiario non conforme al regolamento, nello specifico, scarpe diverse da quelle previste dal decreto ministeriale in materia di uniforme.
A lasciare increduli è la risposta che il funzionario di turno avrebbe fornito all’agente. Quest’ultima, infatti, avrebbe fatto presente di aver più volte richiesto la fornitura del vestiario previsto, senza mai riceverlo. Di fronte a questa osservazione, il funzionario si sarebbe limitato a suggerirle di acquistare a proprie spese ciò che l’amministrazione non le aveva garantito. A sollevare il caso è stato il sindacalista, Mauro Nardella, secondo il quale tutto ciò ” accade in una struttura – il carcere di Sulmona – già da tempo al centro di gravi criticità, tra cui l’introduzione fraudolenta di telefoni cellulari e sostanze stupefacenti, oltre alla mancata tutela di basilari diritti del personale”. Per Nardella “non solo, dunque, non viene assicurata un’adeguata schermatura sotto il profilo della sicurezza, tema da noi più volte sollevato e denunciato, ma nemmeno viene garantita la copertura dei diritti soggettivi, persino sul piano del vestiario”. Insomma, secondo il sindacalista, “al danno di non poter lavorare in condizioni minime di legalità e sicurezza, si aggiunge la beffa di essere rimproverati per carenze che spettano proprio all’amministrazione colmare”. Il clima resta teso nel penitenziario peligno dove nei giorni scorsi un detenuto campano di 23 anni aveva tentato di strangolare un agente di polizia penitenziaria di 24 anni. L’agente si era recato al pronto soccorso dell’ospedale di Sulmona dove gli erano state refertate lesioni personali non gravi, dovute comunque alla grave aggressione subita.